Alcuni autori della collana AGAPE: Silvia Rosa

Da Narcyso
6 novembre 2013

Silvia Rosa, SOLOMINUSCOLASCRITTURA, La vita felice 2012

Il tentativo di questo libro, scritto in forma di sms, è di abbattere il muro di una scrittura “alta” e stanarla, invece, con una sincerità che non si spaventa della propria autobiografia ma la rende partecipe delle cose, a partire dall’impatto sensoriale – e in fondo, sempre da questa esperienza elementare si ricomincia.

mi bagno le ossa e no, non temo nemmeno una delle lacrime che verranno, io, non sfuggo il silenzio, non evito pozzanghere per fingermi limpida – che sono, così imbrattata di pause testarda e vinta
p.19

Questo perché il contrappasso della scrittura è il vuoto, il tarlo, la bestia di cui ogni scrivente ha un vero terrore non dichiarato ed è meglio partire da qualche luogo, da qualche piega dolorante di se stessi almeno.
Quindi questa scrittura è cosciente di due cose: la prima è che la poesia ha il compito di corteggiare una bellezza inarrivabile, esperienza che permette, al limite, una disperata o malinconica approssimazione.
La seconda è il rischio del girare intorno, dell’immobilità, del dislocare se stessi in un altrove non trovando più le parole.
La parola chiave è ancora “inquietudine esistenziale”, e cioè ricerca di se stessi per non smarrirsi del tutto intorno alle ragioni di un vivere per resistenza, per necessità, se non proprio per progetto.
Questo desiderio di essere totalmente e incondizionatamente, esplode nella seconda sezione, in cui la scrittura si fa “appunto”, sfrontatamente “minuscola”, dichiarazione, senza resa, di un desiderio fragilissimo di felicità. Per scoprire, poi, che la scrittura ha tramato la vita, ha reso possibile l’esperienza amorosa della corrispondenza, attraversando la carne verso uno stadio in cui la poesia è la vita stessa declinata in uno dei suoi tanti sensi, fratturati e ricomposti attraverso le pieghe del dolore.

Sebastiano Aglieco
Diez, luglio 2013

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sms #3

vorrei starmene qui a fissare geometrie marine, cadere nel cono luminoso dell’estate senza uscita, precipitare con le ciglia incollate a sale e sabbia nella quiete tenera di questa rimozione di me, dimenticarmi quaggiù quando le ombre si faranno fitte, non voltarmi, non voltarmi indietro, colare piano nel presente, un grumo secco che si scioglie e fluisce nel domani

p. 17

sms #6

vorrei essere trasparente. dormire, adesso, non preoccuparmi di niente, che per una volta almeno questo sole mi bastasse, mi bastassi io e il mio respiro e fosse tutto uno sbadiglio di distrazione, il mondo fuori un sogno, che non mi importasse così tanto di tutto quello che non mi importa niente. chiudere gli occhi, solo il vibrato acceso del cuore come lancetta che fa il solletico al tempo, nessuna attesa inutile, il corpo che mi scivola via morbido, il mio respiro, soprattutto, un alito di nuvole

p. 20

sms #18

vorrei che ci scambiassimo un bacio che ci facesse nuovi da capo a piedi, vorrei che ci scambiassimo carezze e i gesti più teneri e segreti, gli sguardi e i sorrisi, la pelle stropicciata dal passaggio morbido di mani e occhi, l’odore d’erba delle corse da bambini che ci abita, i ricordi, i sogni, il mare piccolo di ogni lacrima versata nel cammino fino al centro esatto di me e di te, vorrei che ci scambiassimo le fiabe, e le dolcezze che teniamo nascoste al mondo intero, le labbra, le linee della mano, i brividi di freddo da scaldarci, la brezza dei respiri che fa volare alto, i battiti del cuore, le maglie preferite, il tempo di un respiro di piacere che tremi il cuore e frani cielo e terra fino all’origine di (un) noi – possibile

p. 35

sms # 33

se si precipita si vola e lo schianto è solo un punto. bisogna imparare ad andare a capo. domani arriva ed è un giorno col sole che mi si impiglia nel sorriso e tu scioglilo con le tue labbra, scioglimi alla luce, sciogli tutti i nodi bui che fanno male quando mi parli

p. 52

sms #42

ormai le parole mi hanno abbandonata, come sono leggera adesso, sul pelo dell’acqua potrei galleggiare ore intere, se acqua ci fosse, invece che luce e ombre a darsi il cambio, una clessidra che si rovescia di continuo e la sabbia tace i battiti del tempo, li attutisce. allora galleggio nei giorni e nelle notti, senza poesia sono leggera come una virgola, una piuma una ciglia che tengo tra le dita, una pausa una tregua da me e dal mio dire ottuso, legato in un nodo agli abissi di noia e di niente. e così leggermente ti sorrido. in un granello minuto mi addormento, e sogno che scrivevo, quando scrivevo, ma poi mi sveglio e non mi ricordo che questo: un silenzio di quiete, io che tengo tra le dita una parola cometa inconsistente

p. 61


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