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Alcuni motivi per essere contro al Gay Pride

Creato il 23 giugno 2013 da Uccronline

 
di Giuliano Guzzo*
*sociologo

 
da Il Giornale di Vicenza, 12/06/13
 

Egregio Direttore,

desidero esprimere forte perplessità rispetto al “Gay Pride” in programma per sabato a Vicenza [sabato scorso, 15 giugno, ndr]. Perplessità che nasce da più considerazioni.

La prima riguarda la natura stessa di questo genere di manifestazione, sovente contrassegnate da volgarità e provocazioni che mal si conciliano con la più che legittima richiesta, da parte dei cittadini omosessuali, di non subire alcuna forma di discriminazione; sfugge infatti il nesso – sempre che un nesso vi sia – fra l’esibizione, anzi l’ostentazione della propria sessualità e la richiesta di non essere trattati come “diversi”. La spettacolarizzazione del sesso, compreso quello di tendenza eterosessuale, offende il pudore e meraviglia che sfilate orientate allo scandalo siano consentite.

Una seconda ragione di perplessità deriva dall’opportunità stessa di un “Gay Pride”: a che serve? Forse a chiedere che la cattolica Italia sia meno “omofoba” e più tollerante? Fortunatamente il nostro Paese, su questo versante, è già all’avanguardia. Basti dire da noi l’omosessualità è stata depenalizzata nel lontano 1866 – ben prima dall’anglicana Gran Bretagna (1967), della Germania comunista (1968), della luterana Norvegia (1972) o d’Israele (1988) – e che un recentissimo studio a cura del Pew Research Center afferma che siamo addirittura l’ottavo Paese al mondo quanto ad accettazione sociale dell’omosessualità. Non solo: se osserviamo l’andamento di siffatta tolleranza per gli ultimi cinque anni scopriamo come, mentre in Germania ed in Spagna – Paesi nei quali unioni civili e nozze gay sono legali -, fra il 2007 ed il 2013 l’apertura verso l’omosessualità è aumentata dal 6%, da noi il fenomeno sia stato ancora maggiore: più 9%. A questo si aggiungano i dati dell’UNAR – acronimo che sta per Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali – presso il quale esiste un numero verde per la segnalazione di presunti casi di “omofobia”; ebbene, nel 2012 le chiamate sono state 135. Numero comunque non basso, ma non catastrofico e certo non da Paese “omofobo” o che abbisogni di norme “anti omofobia” giacché, oltre alla L. 25/6/1993 n. 20 contro i crimini d’odio, già vige il reato di ingiuria per chi lede l’onore di una persona (art. 594), la diffamazione (art. 595), la diffamazione per mezzo stampa (art. 596 bis) nonché l’aggravante comune per aver agito per motivi abietti o futili (art. 61).

Tornando dunque al “Gay Pride” di Vicenza, rimane da capire la ragione di una simile manifestazione. Se serve a chiedere più tolleranza, come abbiamo visto, sfonda una porta aperta. Lo stesso se serve a chiedere diritti per gli omosessuali conviventi, giacché questi diritti sono già presenti nel nostro ordinamento. Il problema è che molte volte questo non si sa – prova ne è la recente pubblicazione di un libro eloquente sin dal titolo: Certi diritti che le coppie conviventi non sanno di avere (Nuovi Equilibri, 2012) – oppure viene volutamente taciuto al fine di propagandare le unioni civili.

Per queste ragioni, rammentando l’importanza di un adeguato contrasto alle discriminazioni e sottolineando l’assoluta importanza del rispetto per ogni persona, ritengo che il “Gay Pride” non solo non incoraggi alcuna forma di rispetto, ma ne sia, con le volgarità che notoriamente ospita, lampante negazione.
Giuliano Guzzo


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