Alemanno non è Totò, il Colosseo non è la Fontana di Trevi ma Della Valle è Tod’s

Creato il 04 aprile 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Un fatto è certo, l’idea di Stato imperante in questo periodo è come l’economia di Tremonti: creativa. E come l’economia globale è sottoposta a saccheggi e speculazioni di ogni tipo e natura, così lo Stato subisce ogni giorno gli attacchi di chi lo considera alla stessa stregua di una mucca da mungere strafregandosene delle quote latte, tanto alla fine qualcuno pagherà le multe della UE. Abbiamo letto, non senza qualche disappunto, la notizia dell’accordo fra l’imprenditore Della Valle (Tod’s), il comune di Roma e il Ministero dei Beni artistici e culturali in merito al restauro dell’Anfiteatro Flavio. La notizia di per sé non ci ha sconvolto, solo irritato. Il Vaticano qualche anno fa fece la stessa operazione per il risanamento della Cappella Sistina, facendolo sponsorizzare interamente dalla Sony. Ai giapponesi, la Santa Sede concesse l’esclusiva delle immagini dei lavori nonché i diritti sullo sfruttamento delle stesse senza che l’accordo sollevasse proteste e reprimende. Poi, considerato lo stato di abbandono in cui versa il nostro patrimonio artistico, storico e architettonico, la speranza è che sempre più privati decidano di investire nella loro tutela anche perché, se aspettassimo Galan e Tremonti,andrebbe a puttane (nel senso di degrado e non di fugace godimento) tutto ciò che la Storia ci ha regalato e lo Stato si guarda bene dal conservare. Il discorso fatto da Della Valle, che è un imprenditore e non un benefattore, è molto semplice: io finanzio il restauro del Colosseo, però del suo uso e della sua immagine faccio quel che voglio e, se mi va, sulla facciata ci metto pure una gigantografia delle mie scarpe. Non essendo né puritani né puristi estremisti, dobbiamo ammettere che il ragionamento del miliardario marchigiano non fa una piega anzi, l’umanità dovrebbe essergli grata per contribuire interessatamente al mantenimento di uno dei più famosi monumenti del mondo. Chi ci fa incazzare, è questo Stato che investe miliardi di euro nelle centrali nucleari, nel ponte sullo Stretto e nella Transpadana, e non muove un dito per un patrimonio che non gli è costato un cent e che si ritrova grazie a coloro che lo hanno costruito in secoli di Storia, spesso al prezzo di lacrime e sangue. Quando Totò vendeva al citrullo turista italo-americano la Fontana di Trevi (“Totò truffa 62”), gli italiani ridevano convinti si trattasse dell’ennesima trovata del comico napoletano, nessuno l’aveva presa per una profezia. E invece, con un aspirante comico al potere, tutto quello che si sta verificando va ben oltre ogni fantasia e ogni aspettativa, sorretto com’è da un ministro dell’economia che sembra avere nel suo personale dizionario, fra i termini preferiti, la parola dismissioni. Ebbene si, lo Stato italiano svende, fa i saldi di fine stagione come fosse la Standa in crisi di vendite. Tratti di spiagge, isole, tenute agricole, cascinali, manufatti storici, colline, montagne, pianure, ex caserme, ex penitenziari, parchi nazionali, chiese di proprietà, beni demaniali, tutto è in vendita al miglior offerente che poi, quasi sempre, è lo speculatore di turno visto che noi un’isoletta non potremmo mai permettercela. Questo accade in una nazione leader per le truffe (riecco Totò) e per l’evasione fiscale arrivata ormai ai 110 miliardi di euro, altro che i 20 milioni di Della Valle per il Colosseo. La buona notizia però ci giunge dall’Agenzia delle Entrate i cui tecnici sembra abbiamo messo a punto un marchingegno in grado di stanare gli evasori. Si chiama Dbgeo (DataBaseGeomarket) e dovrebbe servire agli addetti per “meglio orientare i controlli antievasione e per meglio distribuire sul territorio il servizio della stessa Agenzia ai cittadini”. La presentazione del nuovo strumento acchiappa-evasore, è servita anche a fare il punto sullo stato del mancato versamento di tributi nel nostro paese. La situazione che emerge parla di una evasione che raggiunge il 64,47 per cento in alcune zone del sud Italia partendo dal 10,93 riscontrato nei grandi centri produttivi. Significa che in alcune zone (i dati parlano di quasi tutte le province del Sud) si evadono circa 66 euro ogni 100 di imposta mentre, ad esempio al Nord, l’evasione è di 10 euro e 93 centesimi. Letta così l’indagine potrebbe dare la stura all’ennesima guerra per bande leghista, ma noi vorremmo fare un’altra considerazione e proprio partendo dai numeri. Tolti i lavoratori dipendenti, i pensionati, gli interessi sui Bot e sui conti correnti, che non possono essere considerati soggetti evasivi visto che hanno la ritenuta fiscale alla fonte, tutti gli altri evadono e per altri parliamo di industriali, artigiani, commercianti, professionisti, trafficanti d’armi e droga, agenti dello spettacolo, papponi, escort d’alto bordo e prestatrici occasionali d’opera sollazzo. Questi soggetti evadono il 66 per cento al Sud e il 10 per cento al Nord. Ma il 66 per cento di quanto? E il 10 per cento di quanto? Perché il 66 per cento di mille euro sono 660 euro, il 10 per cento di 10mila sono 1000. La matematica sarà anche una scienza esatta ma non è per nulla equa.

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