Intervista a cura di Nicola Lofoco ad Alessandro Bianchi, Ministro dei Trasporti nel 2008. Da Alitalia al Pd, da Romano Prodi a Ignazio Marino.
Si sta tornando a parlare in questi giorni della crisi dell’Alitalia. E se ne torna a parlare perché ormai appare chiaro ed evidente il fallimento della sua gestione ad opera della “Compagnia Aerea Italiana”, società composta da una serie di imprenditori fortemente voluta da Silvio Berlusconi nel 2008. Come appare ormai chiaro che per salvarsi la compagnia dovrà finire nella mani di Airfance. Su tutto questo abbiamo raccolto l’opinione di Alessandro Bianchi, che nel 2008 era ministro dei trasporti, con il quale abbiamo anche analizzato la situazione politica nazionale. Abbiamo anche sentito la sua opinione su quanto fatto sino ad ora dal nuovo sindaco si Roma, Ignazio Marino. Ricordiamo che Bianchi è stato candidato sindaco al Campidoglio con la lista “ Progetto Roma”.
Lei era ministro dei trasporti nel 2008, anno in cui Alitalia stava per essere acquisita da Aifrance. Dopo, però, Silvio Berlusconi in nome dell’ “italianità” della compagnia fece saltare il tutto. Ora assistiamo al ritorno di Aifrance, che potrebbe ora rilevare Alitalia a un costo enormemente inferiore a quello che avrebbe sborsato nel 2008. Che idea si è fatto su tutto questo?
Personalmente mi sono occupato della questione riguardante l’Alitalia a partire dalla metà del 2006 e per tutto il 2007 congiuntamente con l’allora ministro dell’ economia, Tommaso Padoa Schioppa. Insieme abbiamo valutato le condizioni affinché la compagnia potesse essere rigenerata la suo interno. Quando ci siamo accorti che questo non era possibile abbiamo aperto un’altra procedura con la vendita dell’Alitalia promuovendo un asta pubblica. A conclusione di tutto questo ci eravamo convinti che solo Airfrance poteva acquistare la maggioranza del capitale sociale di Alitalia mettendo noi le condizioni per mantenere l’impronta dell’italianità della compagnia, come ad esempio il marchio sugli aeroplani sino alla centralità degli hub come Fiumicino. Tutto questo non venne fatto per la caduta del governo Prodi e per l’impronta che diede a tutto questo il governo Berlusconi. In quel momento venne fatto il primo vero drammatico errore. Un errore che non so se fu voluto o no, o se fu frutto di ignoranza o di volontà speculativa. L’errore fu quello di affidare i debiti della compagnia a una “bad company” e di crearne una nuova, la “Cai”, con i cosiddetti “capitali coraggiosi“ messi a disposizione da una serie di imprenditori per rilevare Alitalia. Ora stiamo vedendo gli esiti di quella sciagurata scelta. Intanto perché da quella separazione è derivato un carico sulla fiscalità generale, cioè sulle tasche degli italiani per circa 4 miliardi di euro. Che erano i debiti messi in conto alla cosiddetta bad company. Dall’altra parte la nuova compagnia non è stata capace di rigenerarsi. E questo non mi meraviglia, perché la Cai ha dimostrato di non avere i mezzi per rimanere sul mercato e gestire la compagnia in modo sano. Gli interlocutori esterni, il mondo politico in generale che si è succeduto negli anni, è oscillato sempre tra l’incapacità di capire di cosa si trattava e la volontà di mantenere Alitalia in uno stato di sopravvivenza, perché è stata considerata come una sorta di ammortizzatore sociale. Sono convinto che sia a livello politico che gestionale ora non vi siano le capacità necessarie per far sopravvivere la compagnia. Credo che inevitabilmente subentrerà Aifrance e che una compagnia aerea tutta italiana ormai non esista più.
No affatto. Dopo il varo della finanziaria 2008, fatta nel Dicembre 2007, vi erano le condizioni per la capacità di tenuta di quel governo e per continuare almeno sino alla scadenza delle elezioni europee del 2009, momento nel quale una nuova fase elettorale avrebbe potuto comportare delle nuove turbative politiche. Poi però sono accadute cose esterne a tutto questo, come ad esempio la vicenda dell’arresto della moglie di Mastella che tutti ricorderanno. Ma la causa principale veniva da molto lontano, sin dal 2006, anno della nascita di quel governo, da un azione promossa da due delinquenti acclarati, Berlusconi e De Gregorio. Sono loro le due figure più rappresentative di questo sistema di corruzione tra parlamentari. Tutto questo è venuto poi a maturazione con la vicenda di Mastella che ha poi fatto traboccare il calice. Ma non era affatto venuta meno la capacità di poter governare da parte di Prodi e del suo governo.
Dopo la certa decadenza dalla carica di senatore di Silvio Berlusconi i parlamentari Pdl avevano annunciato le proprie dimissioni. Tutti insieme, in massa. Come ha giudicato questo gesto e, soprattutto, secondo lei il governo Letta è arrivato al capolinea?
Questa posizione assunta dai parlamentari del Pdl è stato un atteggiamento assurdo fatto dopo la condanna di Berlusconi. È questo un atteggiamento eversivo, che viola le regole fondamentali dello stato di diritto. D’altronde essendo loro il riflesso di Berlusconi nell’intendere lo stato e le leggi era ovvio che si sarebbero comportati così. Si tratta di persone che vanno tenute bene sotto osservazione perché rappresentano un reale pericolo per le istituzioni democratiche, perché si stanno comportando come degli eversori. Detto questo, posso dire che sia Letta che Napolitano sono stati molto netti nelle proprie posizioni nel condannare questi atteggiamenti. Sul futuro del governo Letta posso provare a fare delle previsioni. La prima è che qualora si andasse a un voto di fiducia verso il governo credo ci sarebbero molte defezioni nel Pdl. Credo che vi sarebbero molti “passi indietro”. L’altro scenario che vedo possibile è quello della formazione di un nuovo governo, dato che questo potremmo definirlo quello delle “larghe disintese”. Un governo di scopo che scriva una nuova legge elettorale, affronti il conflitto di interesse e si occupi dei problemi del paese. Su questo credo che il Pd sarebbe compatto su una linea del genere, seguito da Scelta Civica di Monti ed anche da una parte dei parlamentari 5 Stelle.
Sicuramente Il Pd sta dando in questo periodo il peggio di sé. Bersani è stato capace di perdere delle elezioni già vinte. Anzi, vi erano le condizioni per stravincerle. Si è rilevato un segretario disastroso che ha aperto dopo tutto questo nel partito una rissa permanente. Il clima dell’assemblea nazionale del 21 Settembre è stato abbastanza squallido, e si è capito che vi è in tutto il partito una vera e propria organizzazione per ”bande”, gruppi che perseguono interessi personali e non quello del paese. In questo il Pd si sta rilevando uguale al Pdl dove prevalgono meri interessi di bottega. Ora credo sia importante tornare a fare della vera politica e non giochetti di palazzo. Il Pd deve cercare ora un segretario che faccia tutto questo, anche perché credo che sia l’unico partito in grado di dare una svolta politica al paese. Altro in giro non vi è.
Lei è stato recentemente candidato a sindaco di Roma. Elezioni che hanno visto la vittoria di Ignazio Marino sostenuto da una coalizione di centrosinistra. Che idea si è fatto su come sta operando Marino in questi primi mesi del suo mandato?
Credo che si ancora presto per poter esprimere un vero giudizio su Marino. Ci si racconta sempre la storiella del primi 100 giorni, che sono anche passati. Credo che una città come Roma, città di enorme complessità da tutti i punti vista, ha bisogno di un’amministrazione che innanzitutto metta mano ai danni incalcolabili fatti dalla gestione Alemanno. E credo che sia necessario far capire subito ai cittadini che si è intrapresa questa strada. Penso sia ancora presto per dare un giudizio sulla nuova amministrazione. Per ora non vi è nulla di cui essere pienamente soddisfatti. Non credo siano per ora utili alcuni “giochini” come quello della pedonalizzazione dei Fori. Ma non credo vi siano neanche le condizioni per dire che siamo di fronte al fallimento di Marino e della sua giunta. Ho l’impressione che vi sia la volontà da parte del sindaco di affrontare alcuni nodi importanti, come quello delle società che si occupano dei rifiuti e quelle che si occupano dei trasporti, che hanno accumulato problemi enormi. Se Marino riuscirà a risolvere questi problemi ancora non possiamo dirlo. La sua giunta mi sembra abbastanza forte per alcune componenti e fragile per altre. E, complessivamente, non vedo ora l’esprimersi di una vera linea politica. Per ora vedo un preoccupante scollamento tra quella che è la politica per la città del Partito Democratico e quella del sindaco. Spero che Marino riesca a superare tutto questo. Tra gli altri problemi di affrontare vi è quello della mobilità. Roma è una città che ha visto un totale fallimento sulle politiche della mobilità. Ed è anche una città che non riesce ancora oggi a valorizzare il proprio patrimonio culturale. Roma deve cambiare assolutamente la sua gestione urbanistica e mi auguro che Marino lo faccia al più presto.