Alessandro Castagna, CERCHI, Ibiskos Ulivieri 2013
Sempre più mi viene da pensare al gesto di scrivere sui libri come a un atto di presenza: sono qui e ho letto. Basta. Sottolineo parole, anche sporche, per la mia vita. Di che cosa ha bisogno la mia vita? Di sentire che in altri c’è una briciola di me che mi contiene, che mi ospita. Libri, lettori, scrittori: tutti abitano un cerchio che si chiude e non si chiude, che accoglie o che respinge.
Quindi, ora. ORA. Tempo. Tempo che si lacera e ci lacera; tempo in cui si arrampicano le parole, splendenti e misere.
Di questo libro sottolineo dei versi:
Natale
in profonda comunione
con le piccole cose di ogni giorno,
parole povere…
p. 49
… fino a quando il respiro si sfinisce,
piega le ginocchia …
p. 54
è tardi per il salto
la porta mi si chiude in faccia …
p. 59
Questi versi mi servono.
Canticchiamo canzoni per la strada nella testa. Ci portano, ci riportano da qualche parte. Perché non ricordare i versi allora? Perché non sentirne la necessità?
Questi “cerchi” sono già in assonanza con altri “cerchi”
Il morbido incedere di passi forti e flessuosi,
s’avvolge in cerchi sempre più piccoli,
con una danza di una forza attorno a un centro
in cui si erge, stordita, una gran volontà.
(Rilke, La pantera)
Quindi le parole camminano intorno a qualcosa, descrivono paesaggi, i confini entro cui avveniamo, pensiamo e a volte meditiamo. C’è una differenza fra questi tre verbi e forse “avvenire” non è neanche un verbo.
La mia meditazione è sulla foglia
quando cade.
Sfoglia il suo tempo, lo scompone…
p. 16
Se pensare e meditare vengono da un agire, “avvenire” compenetra ogni cosa, e non ci appartiene veramente. Permette, però, un riconoscersi nella forma che più ci riconosce, nella sostanza altra da noi.
La foglia rinasce come noi, così come
Il vuoto s’apre
intreccia le sue trame alle radici
di una quercia -
riemerge, passa sull’erba.
p. 17
Ecco, chi tra gli umani non ha permesso un riconoscersi, non è nostro fratello. E questo riguarda anche le materie apparentemente immobili e innominabili; gli animali: altri fratelli dotati di anima.
Che cosa è centrale in questa scrittura gentile che non si impone ma si propone? E’ lo sguardo rivolto verso gli altri e verso noi stessi:
Una Berlino minore
Poche note, quasi in sordina:
con timidezza, come un errore.
La donna grassa che chiede monete
davanti al gabinetto del teatro,
nel viavai estivo.
E la ragazza troppo magra
dagli occhi spenti
che vende giornali
in metropolitana,
si muove a passi incerti.
p.19
E il senso si contrae, diventa punto -
scolla una foto, scardina suoni:
se trovi un nome per dimenticarlo.
Allora parti, lasci il pensiero
sul bordo della strada, fra le viti,
sull’eco di campane in lontananza.
p. 21
Tra sé e gli altri esiste la piazza, il luogo in cui i fratelli si guardano o si ignorano. Perché fratello è Caino e Abele, e noi conosciamo da sempre l’esperienza dell’avvicinamento e del distacco.
Così giro, così muovo il mio passo -
Il piede è sulla soglia,
poi osa un movimento. A spasso
nella piazza: un brulichio, la voglia
e il bisogno di sentirsi, una spoglia
intimità di comunioni. Un basso
procedere nel sonno, tra una foglia
e la notte, tra la polvere e un sasso.
p. 27
Quindi se dico fratello, intendo la completezza di un’esperienza in cui l’amore ci può avvicinare o respingere, sbattendoci la porta in faccia. Perché amore è a/more.
Questo è il motivo per cui le cose del mondo, le immagini di esse in noi possono essere così diverse.
Sebastiano Aglieco
***
18 gennaio 2012
Se fuori è giorno o notte poco importa
nel ventre della città che non si ferma
(si moltiplicano i paesaggi, secondo l’ora,
solo numericamente -
forse una ruga in più la sera)
linea rossa
- métro, boulot, dodo per chi ubbidisce -
a lato, la striscia gialla
della banchina, ma non sferraglia -
è tutto silenzioso sui binari,
io in bilico sul segno.
Avanti e indietro,
una corsa su se stessa
fino a quando il respiro si sfinisce,
piega le ginocchia.
p. 54
*
20 gennaio 2012
Orli, l’incontro è sulla labbra
fra i cortili della notte,
la sua voce una tenera dimora.
Sotto il sole
troppe parole manomesse, il dubbio
che comprime, schiaccia forte
sulla gola.
Ma le domande arretrano,
si seccano allo sguardo
per far spazio a un gesto lento -
il passo quando scrive l’orizzonte.
p. 56
*
23 gennaio 2012
Dove la folla si fa meno fitta
ai bordi, stanze di quiete,
riposi provvisori -
la luce che comprime
fra libri, fogli sparsi
e ordini imperfetti,
mio fratello e io.
Uno scalino a lato.
p. 57
*
13 febbraio 2012
Scappare dai contorni
a maglie troppo larghe,
oltre il selciato.
Bussola che gira su se stessa
in mezzo al turbinio di un viale,
macchie impazzite sul cemento
confondono la freccia
(tutto diventa indefinito all’occhio
che s’è perso) e spezzano la zampa.
Io che ti riacciuffo,
ma è troppo tardi e il segno resta,
misto di rabbia, così inutile,
che cade sulla voce.
p. 58