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Alessandro D’Avenia, Cose che nessuno sa.

Da Silvy56
Alessandro D’Avenia, Cose che nessuno sa.
“Quei ragazzi non sapevano niente della vita, si accontentavano di sfiorarne la superficie. Lui no. Andava fino in fondo, e trovava sempre lo stesso cartello arrugginito: capolinea. La gente prende l’autobus convinta di avere un percorso da compiere, sale, scende, parla, legge, mangia, dorme. Così ogni giorno. Un modo come un altro di rimandare il capolinea. Ultima fermata, si scende. La morte. Non c’è altro. Per questo amava così tanto i cimiteri. Se parti dalla consapevolezza che la meta è un capolinea, tutto il resto diventa spietatamente chiaro. Non vale la pena affannarsi, la natura va avanti benissimo senza di te, di te se ne fotte. Con la ferrea legge del più forte e quella cinica dell’autoconservazione, inesorabili, il destino di tutto e tutti si compie. L’unica libertà concessa è resistere con dignità fino al capolinea, giocando come il gatto con il topo, consapevoli però di essere il topo, non il gatto, e di non avere scampo. Cercare di divertirsi, almeno. E poi scendere, soddisfatti. Almeno un poco. Capolinea.”

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