Magazine Cultura

Alessandro Stellino: Incendi

Creato il 18 aprile 2012 da Fabriziofb

Alessandro Stellino: Incendi

“A distanza di anni, non c’è più rammarico nel constatare che, forse, in ogni storia c’è qualcosa che non si lascia raccontare, e solo in virtù di un tradimento nei confronti della realtà sarebbe lecito tracciare una conclusione diversa […]. Gli unici in grado di raccontare l’andamento dei fatti non sono qui per farlo e, in ogni caso, chi scrive non pensa potrebbero fornire la versione più attendibile di questa storia.”(1)

 

1986. È un estate torrida e in Sardegna c’è un vero e proprio boom del turismo, ma certo non a Sorso, in provincia di Sassari. A febbraio, Eros Ramazzotti è stato acclamato al festival di San Remo, e ora la radio passa Adesso tu, ma Perla, la giovane narratrice della prima metà del racconto, preferisce i cartoni animati di “Remi” e “Lady Oscar”.
Di lei il lettore sa poco o niente: vive a Sorso, fa le scuole elementari, non ha paura dell’“uomo col sacco”, le piacciono le lucertole e le tartarughe, il mare e i ghiaccioli alla fragola, e non le piacciono la scuola, le cavallette e i “buvoni”; ha perso il padre da circa un anno e ha un’amica del cuore di nome Giada.
A spezzare l’apatica monotonia dell’estate paesana, fanno la loro comparsa Mirco e Lilli, due ragazzi cagliaritani, che dopo aver stretto amicizia con Perla, scompaiono nel nulla così come sono arrivati…
Diversi anni dopo, il giornalista Giorgio Piras cerca di far luce su alcuni casi irrisolti dell’ormai lontana estate dell’86: non solo la prima, duplice evasione dal carcere dell’Asinara, ma anche il misterioso ritrovamento dei cadaveri di due ragazzi sulla spiaggia di Platamona…

Romanzo d’esordio del trentottenne critico cinematografico Alessandro Stellino, collaboratore de “La Nuova Sardegna” e fondatore del sito di resistenza critica “filmidee.it”, Incendi è diviso in due parti nettamente distinte: la prima, ambientata a Sorso nel 1986 e affidata alla giovane Perla; la seconda narrata (o forse “scritta”) diversi anni dopo dal giornalista Giorgio Piras, perso nel fallimentare tentativo di ricostruire i “Fatti”.
Potendo contare su una voce particolarmente riuscita, marcatamente regionale, infantile in maniera credibile e per nulla forzata (2), l’autore ricrea, nella prima parte, un universo paesano dai ritmi lenti e regolari, in un racconto fintamente orale che ricorda, nel suo incedere, i modi del realismo magico sud-americano, e, per lingua e tematiche l’Atzeni di Bellas Mariposas, o del Figlio di Bakunìn.
Quello di Perla è un universo pieno di miti, usi, cose, personaggi e parole che, se non fosse per la presenza di precise spie cronologiche (Ramazzotti a San Remo e alla radio, i cartoni animati alla televisione, e il fatto che siano citati E.T., Lo squalo e Shining), non faticheremmo a credere eterni e immutabili, almeno fino all’entrata in campo dell’elemento perturbante: i due “stranieri”, Mirco e Lilli, che arrivano in paese a bordo di una Ford Capri rossa.
Con la loro entrata in scena, la narrazione assume un andamento che si direbbe tipico del romanzo di formazione: il taglio della trama sembra più chiaro e, per convenzione di genere, il lettore è convinto di trovarsi di fronte a un avvenimento destinato a cambiare la vita di Perla; ma poi, con la scomparsa dei ragazzi, lo squilibrio si riassesta senza conseguenze visibili, e le cose tornano come prima, l’estate finisce, Perla rientra a scuola, ritrova l’amichetta Giada ecc. ecc.
Questa mancata (tras)formazione della narratrice testimonia perfettamente la radicale coerenza dell’autore, interessato, per sua stessa ammissione, a scandagliare il tema dell’affidabilità del narratore più che a raccontare la storia di Perla.
Ed è grazie al contrasto tra la voce calda e familiare di questa e quella fredda, precisa e iper-oggettiva di Giorgio Piras(3), che si fa strada il tema portante: le aperte riflessioni del giornalista permettono all’autore di spingere il conflitto tra gli opposti concetti di realtà dei due narratori (inducibile, e anzi ben testimoniato, dalle due diverse voci, dagli opposti modi di raccontare dei due personaggi) alle loro ultime conseguenze.
Nella stridente contraddizione tra autobiografia/autonarrazione orale inattendibile e falsa inchiesta giornalistica, tra finzione romanzesca e verità (quella dei riferimenti storici e popolari che fungono, sì, da spie cronologiche, ma che svolgono anche una collaterale funzione verificante), nella lampante inconciliabilità dei fatti raccontati(4), il romanzo apre, sotto gli occhi del lettore accorto, cruciali interrogativi sulle condizioni di possibilità e di esistenza del racconto…

Il romanzo Incendi, di Alessandro Stellino, che vi segnalo (con colpevole ritardo) come uno degli esordi più interessanti del 2011, è edito in Italia da Il Maestrale.

(1)Alessandro Stellino, Incendi, Il Maestrale, Nuoro 2011, pp. 127 sgg.
(2)Neppure quando l’autore punta sull’ingenuità della narratrice per ottenere effetti comici (“Papà ha smesso di tribolare, che è quando uno passa tutto il giorno a lavorare e poi si ubriaca al bar con gli amici”, si legge, per esempio, a p. 18).
(3)Piras è ossessionato dall’oggettività, e la sua voce, così “scritta”, rimanda apertamente ai modi del giornalismo d’inchiesta.
(4)L’autore, che pur dichiara senza reticenza di non amare la letteratura postmoderna, si lancia in un’operazione di dissoluzione della forma romanzo che al clima postmoderno appartiene a pieno diritto. Incendi non è, infatti, l’ennesima applicazione della focalizzazione multipla: no, i fatti narrati, che in quanto raccolti in un unico volume ci si aspetterebbe, per convenzione, essere riconducibili a unità, sono in realtà diversi, e anche volendo ricompore le due versioni, non si arriva a ricostruire “un’unica verità”.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Magazine