interrompo la pausa estiva per un pensierino papibulldozeriano.
la prima esperienza con il “dopping” non avviene nelle palestre o sulle piste d’ atletica.
la prima esperienza con sostanze stupefacenti non avviene neppure da preadolescenti fuori da scuola, quando per sentirci dei gran fighi accettiamo il primo “cannone”.
avviene da bambini mentre si fa la spesa con la mamma. quando si passa davanti allo scaffale delle merendine al cioccolato. “mamma, mamma me le compri per far merenda? dai, dai le voglio!”.
e le mamme che alla televisione vedono i grandi campioni dello sport che le tirano fuori dal frigo e le offrono ai loro bambini, fratelli e sorelle, perchè non dovrebbero loro stesse fare altrettanto? e soddifare così le voglie zuccherine dei propri figlioletti? ed ecco che due pacchi di “brioscine” finiscono nel carrello. è ovviamente l’ inizio della fine. l’ infanzia sovrappeso e obesa è assicurata, l’ iperattività da eccesso di zucchero diventa cronica come la dipendenza dai dolci tranci industriali.
ora, che atleti olimpionici, che potrebbero tranquillamente accettare di pubblicizzare lamette da barba per “correre più veloci”, accettino invece di sponsorizzare “cibi”(?) che loro non mangerebbero mai e tantomeno darebbero ai propri figli lo trovo ipocrita ed estremamante ridicolo.
poi ecco che uno di questi testimonial viene “beccato” alla partenza per le olimpiadi con sostanze fuorilegge, sportivamente parlando, in corpo. così niente olimpiadi. ed è giusto. fine carriera con disonore, un po’ melodrammatico, ma giusto. forse niente più divisa da carabiniere, del resto l’ indossava solo per poter correre e per correre “pulito” era anche pagato. sono d’accordo con tutti questi provvedimenti.
ma che la multinazionale di merendine stracci il contratto proprio ora che il testimonial è nella vita coerente con quel che pubblicizza, ecco, questo è ancora più ipocrita. e mi fa proprio incazzare!