“Stiamo creando subito una task force tra Viminale, Comune di Milano, Provincia e Regione Lombardia. Abbiamo trovato un punto di sintesi sull’uso anche di militari a presidiare postazioni fisse, in modo da liberare uomini per il pattugliamento del territorio”. Lo ha detto il ministro dell’Interno Angelino Alfano a La telefonata su Canale 5, parlando delle iniziative concordate nel vertice sulla sicurezza a seguito delle picconate di Mada Kabobo e della rapina di ieri a Via della Spiga. Strano concetto di legalità, sicurezza e ordine pubblico quello del Ministro dell’Interno se quello che non si è fatto contro le mafie, si fa per un “matto” e per una gioielleria del quadrilatero della moda.
Nel segno della continuità con la “cultura della sicurezza” che si affermata in questi anni, con i sindaci sceriffo, le ordinanze preventive oltre che repressive della libertà d’espressione, le leggi speciali, le misure di emergenza, le ronde, i vestiti castigati e le donne a acasa la sera (che è meglio farsi ammazzare da un congiunto che insidiare da uno sconosciuto magari “colorato”), le carceri hotel in attesa dei tribunali privati, il Ministro ci fa sapere che per garantire tranquillità, vita urbana armoniosa, difesa dei nostri beni oltre che della nostra salute contro pericoli oscuri in tutti i sensi, è meglio ricorrere alla militarizzazione.
Si meglio ricorrere alle pattuglie di soldati professionali, equipaggiati fino ai denti, magari di F35 (serviranno a qualcosa, no? i quattrini che spendiamo per i sofisticati armamenti), meglio offrire ai cittadini la percezione di una città come un fortilizio in stato di assedio, meglio persuaderli della bontà di un isolamento difensivo dai diversi, dagli altri, meglio nutrire diffidenza ostilità, paura. Si, meglio, piuttosto che mettere mano al sistema della sicurezza, da anni mutilato di investimenti, penalizzato per quanto riguarda carriere e remunerazioni, con uomini e donne sempre più vecchi e senza ricambio, frustrati negli stipendi e nelle carriere. Meglio così, perché i poliziotti sono cittadini come gli altri, quindi è preferibile che siano mortificati, arrabbiati, umiliati, ricattati come gli operai dell’Ilva, le donne di Tersigno, perché poliziotti avviliti e sottoposti a minacce estorsive possono diventare più facilmente schiavi, mercenari, cattivi e necessariamente ubbidienti.
Si, meglio i militari, e d’altra parte anche nelle serate eleganti andavano matti per le divise. Non è difficile in questa contemporaneità crudele e ingiusta, nella quale l’urbanistica sta diventando la scienza del controllo sociale, immaginare la distopia urbana cui si ispira il Ministro, con centri storici retrocessi a poli museali, congelati in funzione unicamente turistica grazie ai criteri commerciali di mecenati e sponsor, con quartieri residenziali fortificati per difendersi dalla minaccia di orde di disperati, dall’assedio di slums, di insediamenti di lamiere, di baraccopoli.
Le forze armate Usa, che se ne intendono di “esportazione della democrazia”, pensano che le città siano i nuovi scenari di guerra: “Il futuro della tecnica bellica sta nelle strade, nelle fogne, negli edifici multipiani, nella incontrollata espansione delle case che formano le città frammentate del mondo. […] La nostra recente storia militare è punteggiata di nomi di città – Tuzla, Mogadiscio, Los Angeles [8], Beirut, Panama, Hue, Saigon, Santo Domingo – ma questi scontri sono stati solo un prologo, mentre il dramma vero e proprio deve ancora cominciare”.
L’incremento tragico e implacabile delle disuguaglianze ridisegna anche il tessuto delle metropoli occidentali: oltre alla fatiscenza crescente dei quartieri centrali e delle vecchie periferie, si diffondono insediamenti informali praticamente indistinguibili da quelli che sorgono attorno a una qualunque città dell’America Latina, a un palmo dalle case milionarie di Palm Springs, Los Angeles è la capitale degli homeless del Primo Mondo, con centomila senzatetto , a Washington, “ad appena due strade dal Campidoglio si dischiude un altro mondo di carcasse d’auto, palazzi sventrati e senza vetri alle finestre, a dimostrazione che la miseria del mondo si staglia fin sul portone della Casa Bianca. E a Roma risorgono le baracche degli anni ’50, contese agli immigrati da nuovi poveri, indigeni.
Anche Alfano pensa che dovrà prepararsi ad affrontare una guerra a bassa intensità, ma di durata illimitata, contro le fasce del proletariato urbano rabbioso, in cui gli specifici campi di battaglia del XXI secolo saranno le periferie affamate lo pensa anche la Banca Mondiale : “malgrado le reiterate promesse di ridurre la povertà fatte negli ultimi dieci anni del XX secolo, il numero effettivo di persone che vivono in povertà è invece aumentato di milioni e milioni”.
Eh si servirà un esercito potente per condurre quella loro guerra, non contro la povertà, ma contro i poveri. Resta da vedere quante saranno le diserzioni, succede che i soldati, anche i mercenari, si girino e puntino le armi contro i generali.