Magazine Animazione
Basta leggere il mio profilo qui di fianco per capire che sono un fan di Tim Burton, da sempre. L'ho sempre amato per la sua folle "sregolatezza", per la sua capacità di rendere "eroi" i diversi, gli emarginati, coloro che non si ritrovano in questo mondo dove non c'è posto per chi non è omologato alle masse, globalizzato nell'anima... logico dunque che mi aspettassi molto da questo Alice in Wondeland, sulla carta il film "ideale" per il geniaccio di Burbank: una storia bizzarra, onirica, surreale, un'incrocio tra una fiaba per ragazzi e un racconto "dark", dolente e malinconico per chi ha qualche anno in più. Se tra voi qualcuno ha visto La Sposa Cadavere o Edward Mani di Forbice capisce a cosa mi riferisco. E invece, con mio grande rammarico, sono costretto ad ammettere che Alice in Wonderland è una grossa fregatura, un clamoroso passo indietro per un regista che ci aveva abituato (fin troppo bene, forse) a cullarci nei nostri sogni e a condurci mano nella mano in universi "paralleli" che, sotto la sua guida, diventavano assolutamente mirabolanti e fantasmagorici.
Ma questa trasposizione del classicissimo libro di Lewis Carroll è quanto di meno burtoniana potrebbe essere: sembra incredibile, ma se non sapessimo che è stata girata proprio da lui lo scambieremmo per un film di un onesto mestierante qualsiasi, di un anonimo artigiano del cinema chiamato controvoglia a dirigere una produzione tanto ambiziosa quanto convenzionale e asettica. L'Alice di Burton ci sembra una minestra riscaldata, un noiosissimo prodotto preconfezionato, una pellicola su commissione girata senz'anima e senza trasporto. Non sapremo mai se il regista non la sentisse davvero "sua", o se al contrario la sentisse fin troppo, la desiderasse così ardentemente tanto da cadere in "ansia da prestazione" (un po' come successe a Benigni con il suo "Pinocchio" riveduto e corretto). Certo è che questa versione è talmente fedele all'originale da farci davvero rimpiangere il libro di Carroll: tutti noi lo abbiamo letto da bambini e tutti ci siamo spaventati e divertiti ad immaginare, con la fervida mente di adolescenti, i vari personaggi e mostriciattoli che via via si presentano. E possiamo scommettere che di sicuro la nostra immaginazione avrebbe creato figure molto più belle e originali di quelle del film, seppellite da chili di trucco pesantissimo e sgradevole alla vista (non è un caso se una produzione così mastodontica non abbia ricevuto neanche la nomination per il make-up ai prossimi Oscar, che tutti davano per scontata). Per non parlare poi della sbagliatissima (a posteriori) decisione di "gonfiare" il film in 3D per sfruttare la nuova tendenza del momento, un inutile dispendio di effetti speciali che non solo non portano nessun valore aggiunto al film, ma lo appesantiscono a dismisura rendendolo ancora più noioso e stucchevole.Ma, aldilà dei tecnicismi, ciò che deude profondamente in Alice in Wonderland è l'assoluta mancanza di caratterizzazione dei personaggi principali: il Cappellaio, lo Stregatto, il PincoPanco e compagnia, anzichè farci inquietare e riflettere come dovrebbero, lasciano invece posto solo agli sbadigli e alla noia: Johnny Depp, ormai attore-feticcio di Burton, ce la mette tutta per sembrare "in parte", ma le sue smorfie, i suoi balletti, le sue mossette lo rendono più ridicolo che divertente, finendo per risultare insopportabile e manieristico come il film. Si ha un bel dire che questo è un film "commerciale", voluto dalla Disney per speculare sul merchandising, ma anche i film commerciali possono essere belli o, quantomeno, dignitosi. E questo, ahimè, è molto sotto la media.VOTO: * *
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