Magazine Diario personale
Carcere a vita per i due turisti italiani Elisabetta Boncompagni e Tomaso Bruno, rinchiusi da diciassette mesi nel carcere di Varanasi in India con l’accusa di avere ucciso l’amico Francesco Montis in una stanza dell’albergo dove soggiornavano. Ieri pomeriggio, quando in Italia erano le 15 e nel paese asiatico le 18,30, il giudice ha condannato all’ergastolo la trentasettenne di Torino e il ventottenne di Albenga, in provincia di Savona, dietro le sbarre da domenica 7 febbraio 2010. Il tribunale indiano ha accolto la tesi dell’accusa, secondo cui la camera dell’hotel Buddha sarebbe stata teatro di un’esecuzione a sfondo sentimentale, compiuta dalla fidanzata del trentunenne di Terralba (Oristano) e dal suo presunto amante.
Una ricostruzione smentita categoricamente dai due imputati, che hanno sempre negato qualsiasi relazione aldilà di una semplice amicizia e hanno raccontato che il compagno di stanza era stato male per un attacco di asma. Erano stati proprio i due condannati, tre giorni prima dell’arresto, ad avvertire telefonicamente la reception, chiedendo di chiamare un’ambulanza per soccorrere Montis. La corsa in ospedale si era purtroppo rivelata inutile e la polizia avevano deciso di sottoporre la vittima a un’autopsia per chiarire le cause del decesso. Il primo esame necroscopico aveva evidenziato sei ferite sul corpo dello sfortunato viaggiatore, accreditando come probabile l’ipotesi dello strangolamento. Per i due amici si erano così spalancate le porte del carcere. Nel frattempo, nuovi accertamenti autoptici hanno smentito le prime supposizioni, indicando in un soffocamento, causato dagli spasmi bronchiali, la ragione del trapasso.
Questo scenario è stato avvalorato dalle dichiarazioni della madre di Montis, che ha spiegato come il figlio fosse un accanito fumatore e soffrisse da anni di problemi fisici. Nonostante le condizioni di salute, il sardo aveva deciso ugualmente di partire per un viaggio sul Gange con Boncompagni e Bruno, conosciuti a Londra, dove lavoravano come camerieri. Dopo circa tre settimane, la sua vacanza si è conclusa tragicamente, mentre per gli altri due villeggianti si è trasformata in un’odissea giudiziaria, caratterizzata da rinvii delle udienze per innumerevoli motivi (festività religiose, scioperi, lutti, visite istituzionali), da mobilitazioni politiche bipartisan in Italia e da testimonianze accusatorie rinnegate durante il processo da medici e poliziotti, tanto da lasciar sperare i due detenuti in un’assoluzione.
A complicare la loro posizione ci avevano però pensato da subito le autorità indiane, cremando le spoglie di Montis e impedendo ulteriori approfondimenti. «Non vi preoccupate, questo è solo il primo round: ne seguiranno altri e riusciremo a dimostrare la nostra innocenza», ha detto Tomaso Bruno ai genitori, arrivati in India per seguire le fasi conclusive del procedimento, pochi secondi dopo la lettura del verdetto. Gli avvocati difensori hanno annunciato ricorso in appello all’Alta Corte di Allahabad.
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