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Idiomi lontanissimi tra loro, con origini totalmente diverse, hanno dunque un unico punto in comune proprio nel nominare i due genitori, fenomeno che affonda le sue radici nella notte dei tempi, quando gli idiomi che parliamo oggi si stavano formando. Apparentemente un affascinante mistero, in realtà un processo che i linguisti hanno studiato a fondo. Il fatto è che il suono 'mamma' (e le sue varianti diffuse tra tutte le popolazioni del pianeta) ha un’origine legata indissolubilmente all’inizio della vita e nasce da un rapporto altrettanto indissolubile tra il neonato e sua madre.
Ogni bambino del mondo (fin dalla preistoria, fin da quando l’essere umano ha provato a esprimersi e a inventare un linguaggio) poco dopo la nascita inizia a pronunciare le sillabe più attese da ogni genitore, quel balbettio 'ma ma ma' e 'pa pa pa' (o 'ba') con il quale non fa altro che esplorare il mondo dei suoni. È un’attività che non avviene durante il pianto, ma nei momenti di benessere: come dimostrano tutti gli studi, il neonato prova suoni e vocalizzi, li affina, ripete con evidente soddisfazione le sillabe che ha scoperto per caso. È quella che gli esperti chiamano lallazione, un pre-linguaggio che il bimbo scopre nei primi tre mesi. Ma come mai insiste proprio su 'ma' e 'pa'? I suoni M e P (o B) sono le prime consonanti pronunciate in tutte le comunità linguistiche da tutti i bambini del mondo, a prescindere dalla lingua che poi parleranno, perché sono facili: per emetterle, infatti, si usano le labbra (ben più complicata ad esempio è la erre, l’ultima che si impara). La vocale A poi si pronuncia aprendo solo la bocca e lasciando uscire il fiato... Così 'ma' e 'pa' sono le prime prove di conversazione, le sillabe che per istinto – e non per induzione da parte degli adulti – ogni bambino scopre e apprezza. Verso i sei mesi, poi, impara a ripeterle più volte, balbettando le fatidiche parole che assomigliano a mamma e papà. Si tratta di un processo universale, sul quale solo poi si innesta un gioco di interazione con i genitori, che gratificano il bambino imitandolo, ripetendo i suoi stessi suoni per coccolarlo, con un’azione (involontaria) di rinforzo di quanto il bimbo si era inventato: se prima pronunciava per istinto quelle sillabe esplorando i suoni con crescente soddisfazione, gradatamente tali suoni si fissano rinforzati dall’interlocutore, quella mamma e quel papà che il neonato finisce per identificare con quei nomi. Soprattutto la madre, che vede in viso durante l’allattamento e con la quale instaura un legame intensissimo (evidente tra l’altro il rapporto tra il suono mamma e l’onomatopea del succhiare il latte). Insomma, non è l’adulto che insegna al neonato i vocaboli mamma e papà, ma i neonati di tutto il mondo e di ogni epoca che li hanno insegnati ai loro genitori, i quali non hanno fatto che ripeterli contribuendo al fissaggio del termine, ma nulla più. Si può dire a questo punto che entrambe le parole sono istintuali, sono proprie di ogni essere umano, sono nel Dna di ogni piccolo cinese, tedesco, russo, arabo, australiano. Lo erano dei figli che nascevano in epoca preistorica. Lo sono sempre state. Mamma è la prima parola che ha detto ognuno di noi, ma è anche la prima parola che ha detto l’umanità.
Tratto da LUCIA BELLASPIGA in Avvenire del 19 settembre 2013
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