All’università si mangiano solo tramezzini

Da Fishcanfly @marcodecave

Scrivere poesie non è difficile; è difficile viverle.

Charles Bukowski

Stamattina l’università sembra un grande stomaco. Pronto a digerire. Tutto è teso alla masticazione, dalle barrette ipocaloriche kellogs ai piccoli kinder pinguì che costano ben 80 cent. Un vero furto. Le persone vanno e vengono, indaffarate dalla sapienza. Credo che conquistare la sapienza sia un affare difficile. Anche perché i muri e i pavimenti crollano. Ma nessuno se ne accorge. Da quando sono entrato dentro l’università ho capito che vestirsi bene dà la sapienza. Ecco perché io mi sento insipiente.

L’odore del caffè pare cannibale. Stacca tutto dalle narici. Dà il contentino. Ma almeno ti fa conoscere la gnocca che hai visto a lezione, se ti va bene.  Deve farti riprendere dal caldo della biblioteca, togliere quel culo un po’ flaccido dalla sedia. La biblioteca dovrebbe essere fatta per leggere e stare in pace. Invece ti fa stare in guerra, a partire dal vicino.

Che mangia un panino al prosciutto. Un casino con le sue mascelle. Un casino con le briciole.

Ecco perché dentro l’università si mangiano solo tramezzini.

Allora mi siedo. Leggo Bukowski. Anche lì si mangia un sacco. Soprattutto polpette e spaghetti. Sugo che cade dalle labbra unte e sporgenti.

Ancora casino con le briciole di pane. La gente che guarda il tizio mentre mangia il panino al prosciutto. Mentre leggo, guardo con distacco chi mi gira intorno. Il tal esame è tosto, assicura un ragazzo con gli occhiali un po’ troppo sporgenti, sempre lì lì per scivolare definitivamente. Un altro annuisce con l’aria di chi ha studiato davvero tutto. Poi becco la sua prova: aveva un minuscolo rivolo di maionese sull’angolo sinistro della bocca. Ma noto che anche l’altro ha un rivolo di maionese.

Mi fissa una ragazza che va di fretta. Due occhi enormi. Anche lei un rivolo di maionese.

E un professore. E l’inserviente delle macchinette, dalla barba rossiccia della penombra delle scalette. Rivoli di maionese.

Abbasso gli occhi: ho un casino di briciole e di merde varie. Sono fottuto, ho pensato.



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