Magazine Politica

Alla buon'ora... Sergio Chiamparino sta uscendo dal "coma renziano", e Sergio Squinzi ci sta entrando

Creato il 16 ottobre 2014 da Tafanus

...a chi piace la manovra renzina? Piace a Renzi. Poi piace alla Condindustria di Squinzi, che sembrava diversa da quelle precedenti, e invece è proprio uguale uguale; poi piace all'impiegato di Renzi Padoan. Fine dei "likes". Poi non piace ad altri... e Chiamparino sembra sulla via della guarigione dal renzismo acuto che lo aveva colpito...

Manovra, Regioni in rivolta: “E’ inaccettabile”. Renzi: taglino sprechi. Chiamparino: offensivo. I governatori: «Così sanità a rischio». Zingaretti: abbassano le tasse con i soldi altrui. Sindacati critici: "lo spot del premier costerà caro agli italiani". Plaude Confindustria (Fonte: La Stampa)

Chiamparino-sergio-guarito

Sergio Chiamparino guida la rivolta dei Governatori

Spread in salita, borse in discesa, uno scenario che sembrava relegato ad altre stagioni della politica. Invece è realta. «La crisi sta tornando prepotentemente sui mercati», ammette Matteo Renzi, a Milano per l’Asia-Europe business forum, «O si va tutti insieme o non vince nessuno». Un invito che arriva mentre infuriano le polemiche sulla manovra da 36 miliardi di euro varata dal governo. La bozza della legge finanziaria è stata inviata alla Commissione europea in attesa dell’esame delle prossime settimane. Il ministro Padoan e Renzi assicurano: con Bruxelles "c’è un dialogo", e ci sono anche le coperture.  

I TAGLI AGLI ENTI LOCALI  - Ma l’accoglienza della legge di stabilità è tiepida. Le Regioni sono le prime tra gli organi di governo locale a farsi sentire dopo aver dato una prima scorsa ai dati. Basta fare i primi della classe a spese del prossimo, dicono i governatori. Nel caso specifico il prossimo sono Regioni, Province e Comuni, ulteriormente penalizzati dai tagli previsti nella manovra che ieri il premier ha illustrato a reti unificate. Parliamo di 4 miliardi per le Regioni, 1,2 per i Comuni, 1 miliardo per le Province. A fa infuriare il presidente della conferenza delle Regioni Sergio Chiamparino, il fatto che i tagli siano stati inflitti soprattutto a loro, lasciando magari la possibilità di aumentare tasse locali e tariffe. Non il miglior modo di creare consenso. 

GOVERNATORI SUL PIEDE DI GUERRA - Il ministro Padoan ieri in conferenza stampa l’ha ammesso: forse, a seguito dei tagli previsti dalla legge di stabilita, «le Regioni aumenteranno le tasse, ma i cittadini potranno valutare le decisioni dei loro amministratori». Oggi arriva la precisazione del titolare del Tesoro (...la "strambata a 180°...): il pressing sugli enti locali «non è a che aumentino le tasse, ma perché aumentino l’efficienza. Siamo convinti che i margini ci siano. Si tratta di dare gli stimoli giusti, a partire dal governo». Ma i governatori sono sul piede di guerra.

«La manovra così come si configura è insostenibile», sintetizza Chiamparino, che aveva espresso le sue perplessità a caldo in un’intervista a La Stampa. Di più: così com’è la manovra «incrina il rapporto che dovrebbe essere di lealtà istituzionale e di pari dignità istituzionale tra enti dello Stato». «Al taglio prospettato di 4 miliardi di euro - attacca il governatore del Piemonte - vanno sommati quelli decisi dai governi Monti e Letta pari a circa 1,750 miliardi. Si arriva così a 5,7 miliardi. Tagli insostenibili - ha sottolineato - a meno che non si incida sulla spesa sanitaria o con maggiori entrate». Ma a questo proposito la replica di Renzi è stata secca: «Rialzare le tasse a livello locale sarebbe un atto al limite della provocazione». 

SANITA’ A RISCHIO - D’accordo, con poche sfumature e scarsissimi distinguo, i presidenti delle altre regioni. Nicola Zingaretti parafrasa ironicamente: «È facile abbassare le tasse con i soldi degli altri». «Non è che il Governo può prima fare un accordo - afferma Maroni - e poi togliere di mezzo questo accordo senza coinvolgere chi ha firmato». Secondo il presidente della Lombardia, «come conseguenza ci sarà non una riduzione delle tasse ma, temo, un aumento delle tasse da parte delle Regioni perché questi tagli, soprattutto nella sanità, sono insostenibili». «È tecnicamente impossibile prevedere questi tagli senza incidere per il 70% sulla sanità», minaccia il presidente della regione Umbria, Catiuscia Marini. Per il governatore della Campania, Stefano Caldoro, «il Patto per la Salute non è a rischio, è pregiudicato. C’è un problema di affidabilità istituzionale». Per il veneto Zaia «questa manovra passerà alla storia come la legge del massacro specie per le Regioni virtuose»

IL PREMIER: LE REGIONI COMINCINO A TAGLIARE GLI SPRECHI - E adesso che succederà? Chiamparino dice che lui le tasse locali non le alzerà, piuttosto si dimette da presidente della Regione Piemonte. Insieme ai suoi colleghi chiede l’avvio di un confronto e la convocazione a Palazzo Chigi. La risposta via Twitter del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio è positiva: «Abbiamo incontrato ieri Trentino AA, oggi affrontiamo temi Calabria e Umbria. incontriamo volentieri presto presidente Conferenza». E lo stesso Renzi, dopo le parole pronunciate da Chiamparino si è detto pronto «ad incontrare tutti, anche i presidenti delle Regioni», ribadendo però che è «inaccettabile fare questo tipo di polemiche». Ma stanotte già si sussurrava, nei palazzi di Roma, che il premier ha già fatto sapere che si tratterà per tutti di un prendere o lasciare. Nessuna concessione su nessun punto con nessuno, insomma. La risposta di Renzi non si fa attendere: «Una manovra da 36 miliardi e le regioni si lamentano di uno in più? Comincino dai loro sprechi anziché minacciare di alzare le tasse #no alibi», replica piccato il premier su Twitter.

La replica di Chiamparino è durissima: «Considero offensive le parole di Renzi perché ognuno deve guardare ai suoi sprechi, e mi chiedo: nei ministeri forse non ce ne sono?»

Tafanus
P.S.: A parte, esamineremo i "conti" di Renzi, con la stessa calcolatrice con la quale, all'epoca della "Leopolda 1", abbiamo fatto a pezzettini la auto-glorificante biografia di Rernzi, che "aveva creato a 19 anni un'azienda che con quattro soldi di fatturato si permetteva il lusso di avere quattro sedi, 15 dipendenti, e 2000 collaboratori esterni. Poche ore dopo la nostra analisi, questa autoglorificazione era sparita da Wikipedia, e Renzi non era più il "creatore" di un'azienda con numeri che non stavano né in cielo, né in terra, ma solo un "Dirigente" dell'azienda di famiglia.

No, non era un "Dirigente". Era un poovero co.co.pro, promosso a "Dirigente" (e unico dipendente a tempo pieno), nominato "dirigente" 15 giorni prima di candidarsi a Presidente della Provincia di Firenze. Da allora, lo Stato paga i contributi da Dirigente, coi soldi nostri, per assicurare a Renzi, un'altra pensione (da dirigente, appunto) quando smetterà di far danni in politica.

Tafanus

 2909/0630/1930


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :