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Non so in realtà quando è cominciato il tu. Nella prima metà degli anni ottanta, quando nella scuola ci sono entrata da insegnante, un po' si usava e un po' no. C'erano gli insegnanti della vecchia guardia, quelli che io chiamavo i tradizionalisti, molti, ma non tutti, prossimi alla pensione, che si facevano dare del lei anche dalle colleghe più giovani. C'erano gli innovatori, colleghi anche con venticinque, trent'anni di servizio, attivi nelle battaglie a partire dai primi anni settanta, che si offendevano se gli davi del lei e che con gli alunni avevano costruito un rapporto più confidenziale usando il tu in via esclusiva.
Il lei ora si usa a partire dalle medie e come mi hanno confermato giorni addietro gli alunni, già a casa i genitori spiegano che il tu finirà con la scuola Primaria: fatto che coincide con la fine dell'infanzia vera. Inizia la fase di avvicinamento graduale al mondo degli adulti, il distacco progressivo dalle cose dei bambini, si diventa ragazzi, poi giovani adulti.
In particolare ho riflettuto, anche in seguito ad una piccola discussione sul web, sull'idea che il rapporto con l'insegnante dovrebbe caratterizzarsi già precocemente da un distacco più significativo, veicolato anche tramite l'uso del lei. Ho osservato i miei alunni, ho perfino proposto che il prossimo anno, l'ultimo della primaria, provino a darmi del lei per abituarsi alle medie e mi è arrivato un divertito coro di no. Molti colleghi so che lo fanno proprio per favorire questo passaggio.
Un piccolo episodio invece ieri mi ha indotto a ripensare al valore intrinseco del tu e del lei. Il venerdì abbiamo attività motoria, ma io sono uscita ieri da casa dimenticandomene completamente e così è stato fino alle tredici e dieci a ventiminuti dall'uscita di scuola. Nulla di strano, se non il fatto che ho continuato a proporre esercizi di consolidamento di grammatica italiana senza che nessun alunno, pur ricordandosi che saremmo dovuti andare in palestra, mi abbia interrotto per ricordarmelo. Solo quando ho chiesto di ritirare proponendo un'attività di lettura per concludere la mattina, e quindi solo quando sono stati sicuri di non interrompere nulla, i bambini hanno fatto presente di dover andare palestra.
Eppure gli alunni utilizzano un registro confidenziale, al punto da spingersi durante i brevi momenti conviviali nel rivolgermi battute o osservazioni ironicamente impertinenti. Io non me la prendo perché so che si limitano a quel momento e nessuno si permetterebbe mai durante l'attività di mancare di rispetto, non solo verso gli insegnanti ma nemmeno verso i compagni. Quando succede anche il mio registro comunicativo cambia, assumendo la connotazione della severità.
Ho concluso che tu o il lei non significano nulla in entrambi i casi, se ridotti a mera formalità, se non sono supportati da rispetto reciproco. Non significano nulla se non si insegna ai bambini, a casa come a scuola, che esistono registri comunicativi differenti a seconda dei ruoli e perfino con la stessa persona a seconda dei momenti. Inutile pretendere il rispetto attraverso il lei se per primi si manca di rispetto. Inutile consentire il tu, la confidenzialità e la condivisione se si trattano gli alunni con eccessivo distacco e scarso affetto, se non si prende in considerazione il loro destino scolastico.
Il che non significa necessariamente la melensaggine delle coccole, o un sovrappiù di attenzioni, ché man mano che crescono gli alunni neanche le vogliono più, bensì l'affetto maturo di chi compie insieme la stessa strada, con lo stesso obbiettivo nel rispetto dei ruoli.
Il tu è solo un registro comunicativo, e dal suo utilizzo in primo luogo non dipendono il rispetto degli alunni e l'autorevolezza degli insegnanti. E' il registro comunicativo dell'infanzia, il modo con cui si sottolinea a scuola che i rapporti non si basano solo sui contenuti ma anche sull'affetto, che rimarca il crescere insieme, il costruire insieme la conoscenza che il bambino porterà via al termine di questo ciclo di scuola. Il lei è il registro della crescita, segna una piccola tappa, e neppure la più sostanziale se non legata all'attenzione che il contesto scuola richiede, allo stesso modo non è dal suo uso che dipendono né il rispetto degli alunni, né l'autorevolezza del docente.
E la vostra esperienza di genitori, docenti o alunni cosa vi suggerisce?
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