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Alla ricerca di Alfa. 8 – Il giardino incantato sopra la terra degli ombrellai
Creato il 29 agosto 2011 da AlfaSi chiama “Alpinia” e sorge su un balcone naturale affacciato, secondo gli esperti di queste cose, su uno dei dieci panorami più belli del mondo. Da lì è possibile abbracciare con lo sguardo il lago Maggiore e osservare dall’alto il golfo in cui sembrano galleggiare le isole Borromee, navi di delizia della famiglia Borromeo, che domina queste terre da oltre mezzo millennio, e che ha dato al paese personaggi illustri, come San Carlo Borromeo e suo nipote, il cardinale Federico, di Manzoniana memoria. HUMILITAS è il motto della famiglia, che ancora oggi possiede una bella fetta della montagna e chiede il pedaggio a quanti da Stresa vogliano salire alla vetta del Mottarone in auto senza passare da Armeno.
Ma il nome di questo giardino incantato in origine era diverso. Quando Igino Ambrosini, uno dei pionieri nella valorizzazione di questo versante del Mottarone, decise di preservare l’Alpino dalla speculazione edilizia vi realizzò un giardino botanico alpino, il secondo realizzato in Italia, specializzato nelle specie botaniche provenienti dal piano alpino e subalpino delle Alpi. Lo fece riconoscere ufficialmente dal governo e lo battezzò “Duxia”. Era il 1934, sul Mottarone si disputava la “Coppa d’Oro del Duce” e l’Italia fascista stava per entrare in guerra con l’Eritrea.
Ma questi orrori erano ancora oltre l’orizzonte quando Henry Correvon, che nel 1889 aveva fondato il Giardino alpino "La Linnea" in Val d'Entremont (Svizzera), dichiarò: "Ho visto dove Duxia nasce, ho visto molti bei luoghi d'Europa e d'America, dichiaro che il belvedere dell'Alpino è il più bello del mondo. Mi hanno detto che esagero, nego l'esagerazione".
Oggi il giardino è curato da un apposito consorzio di gestione ed esiste un agguerrito gruppo di amici del giardino che organizzano iniziative per farlo conoscere. È anche uno dei punti visitabili dell’Ecomuseo del lago d’Orta e Mottarone, come il Museo dell’Ombrello e del Parasole di Gignese, un’altra creatura dell’Ambrosini, figlio e fratello di ombrellai, che volle preservare la storia di questa casta di artigiani itineranti che giravano il mondo per aggiustare e costruire ombrelli. E che ogni anno tornava sulle pendici del Mottarone, a Carpugnino, per la festa annuale e per reclutare i giovani apprendisti, ragazzi di sette anni. Ancora oggi sulla piazza del paese dove i ragazzi erano ingaggiati sta un’epigrafe che recita “il primo dell’anno a Carpugnino, a cercar padrone, senza un soldino”. E dove sta un curioso monumento che raffigura un gatto ombrellaio. Portando con sé il ragazzo il lusciat, l’ombrellaio, avrebbe intrapreso un lungo viaggio in terre straniere. E per non rivelare ad altri i propri segreti avrebbe parlato coi propri pari in un gergo segreto riservato agli iniziati, il tarusc.
Ma, mentre mi allontano dal Museo stringendo tra le mani un nuovissimo ombrello, un gadget molto apprezzato nelle giornate di pioggia, penso che il mio errare mi ha portato troppo lontano dal Lago d’Orta ed è lì che devo tornare se voglio trovare le tracce dell’indagatore dei misteri del Cusio che risponde al nome di Alfa e che da troppo tempo ormai ha fatto perdere le proprie tracce.
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