Un mito dell’alpinismo, una leggenda fatta uomo, la sintesi di umanità e forza di volontà; stiamo parlando di uno degli alpinisti più famosi al mondo: Reinhold Messner, il primo uomo ad aver scalato tutte le 14 cime del mondo oltre gli 8.000 metri
Ricordiamo che Messner fu anche il primo ad aver scalato un’ottomila in solitaria e, con l’austriaco Peter Habeler, è stato inoltre il primo ad essere salito sull’Everest (8.848 m) senza bombole d’ossigeno, quando molti erano convinti che il corpo umano non potesse reggere lo sforzo nell’aria rarefatta.
Il 17 settembre prossimo Messner compirà 70 anni e dall’alto della sua esperienza fa un’analisi di come è cambiato l’alpinismo dai tempi in cui lo praticava lui fino ad oggi.
Il quadro che Messner fa dell’attuale situazione non è roseo, anzi. Ciò che lamenta Messner sono quei profondi mutamenti – forse un po’ troppo “moderni” – che hanno sconvolto non solo il modo di affrontare le vette ma addirittura quella che egli definisce etica dell’alpinismo.
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Dalle palestre artificiali alla possibilità per dei semplici turisti di raggiungere le vette un tempo inviolate, questo e tanto altro ha completamente mutato quello che probabilmente era lo spirito di avventura e la coscienza del confronto con la montagna e oggi sono pochissimi gli alpinisti che veramente esplorano con le proprie capacità le montagne che solo loro hanno la forza di scalare.
Ma quale è l’alpinismo che secondo Messner è fallito? Lui parla di Bonatti come l’ultimo alpinista puramente “tradizionale”, e già esso stesso si colloca nella generazione successiva che però, non per molto, ebbe la possibilità di raggiungere vette inviolate alle masse. Oggi i giovani che si avvicinano all’alpinismo, purtroppo – secondo Messner – pur volendo approcciarsi con uno spirito da alpinista vero (e non da turista o da sportivo) non hanno la possibilità di realizzare questo loro desiderio a causa principalmente del sovraffollamento delle vette da parte di non-alpinisti.