Alla vigilia del viaggio del Papa in Turchia. Ecumenismo di popolo
Creato il 27 novembre 2014 da Gaetano63
Intervista al presidente della Conferenza episcopale turcadi Gaetano Vallini«Mi sembra che il dialogo con il Patriarcato di Costantinopoli stia registrando il suo apice. C’è una profonda e reale comunione tra Papa Francesco e il Patriarca Bartolomeo e credo che, se dipendesse da loro, la piena comunione tra le due Chiese sarebbe già a portata di mano. Purtroppo il variegato mondo ortodosso non parla una sola voce e il pensiero illuminato del Patriarca Bartolomeo non trova ovunque consensi». Alla vigilia del viaggio di Papa Francesco in Turchia, da venerdì a domenica, monsignor Ruggero Franceschini, arcivescovo di Izmir (Smirne), amministratore apostolico del vicariato dell’Anatolia e presidente della Conferenza episcopale turca, non sembra avere dubbi sulla fraterna amicizia che lega il vescovo di Roma e il Patriarca di Costantinopoli, al quale il Pontefice renderà visita nella festa patronale di sant’Andrea. «Da parte nostra — aggiunge il presule cappuccino — dobbiamo sostenere sia il Papa sia il Patriarca in questo coraggioso cammino di riconciliazione e di reciproca accoglienza, impegnandoci concretamente nel costruire con pazienza relazioni di amicizia e di mutua conoscenza tra i fedeli cattolici e ortodossi. Spinte da un “ecumenismo di popolo”, le gerarchie si sentiranno incoraggiate a percorrere il cammino verso la piena comunione. Una grande speranza è il concilio panortodosso del 2016. Dobbiamo invocare lo Spirito Santo su quell’assemblea che potrebbe segnare una svolta nel cammino ecumenico». Come sono in Turchia i rapporti tra la Chiesa cattolica e il Patriarcato? In un contesto in cui i cristiani sono una minoranza sotto pressione, i rapporti con le altre confessioni cristiane, e in particolare con gli ortodossi, sono improntati a una positiva collaborazione e a un reciproco sostegno. In particolare a Smirne abbiamo accolto con gioia la riapertura al culto della chiesa ortodossa di Aghia Fothini, guidata da padre Kyrillos Sikis, primo archimandrita a risiedere a Smirne dal 1922, col quale si è creata una relazione di fraterna amicizia. Nelle comunità del vicariato apostolico dell’Anatolia, poi, la distanza tra cattolici e ortodossi è quasi inesistente e si va alla chiesa ortodossa quasi come se si trattasse di una parrocchia cattolica. In particolare, ad Antiochia già da tempo la comunità cattolica celebra la Pasqua nella stessa data di quella ortodossa, come oggi è diventato normale in Terra santa. L’ecumenismo, prima che sulle questioni dottrinali, si costruisce su relazioni fraterne che aiutano a vincere i pregiudizi e a considerare la diversità come una ricchezza.La stragrande maggioranza degli abitanti del Paese è di religione musulmana. Come vanno le relazioni con loro?L’islam è una realtà molto più variegata e complessa di come sia presentata in Occidente. La tentazione dell’integralismo costituisce una minaccia anche in Turchia, e negli anni recenti la Chiesa ha pianto i suoi martiri: don Andrea Santoro, monsignor Luigi Padovese, i catechisti protestanti di Malatya. Eppure sarebbe un errore pensare che esista solo questo islam. La Turchia mostra pure il volto di una religione musulmana aperta e dialogante, stemperato dagli insegnamenti illuminati di Mevlana (1207-1273), mistico influente, che presenta singolari contatti con il Vangelo. Nella quotidianità si fa esperienza di persone musulmane che non considerano il cristianesimo come una minaccia, e che mostrano un sorprendente rispetto che, sotto certi aspetti, si è smarrito persino in Occidente. Non si può purtroppo nascondere che qualche chiesa sia vandalizzata da gruppi intolleranti, ma simili eventi vengono unanimemente condannati dalle autorità, che si preoccupano pure di garantire una maggiore sicurezza. Molti musulmani visitano le nostre chiese con rispetto e si mostrano attenti e interessati al cristianesimo. In questi giorni ho visto le immagini della profanazione della cattedrale di Strasburgo da parte di attiviste del movimento Femen. In Europa il vilipendio della religione viene salutato come espressione di civiltà. In Turchia un simile gesto viene almeno considerato uno scempio, quale è. L’identità turca è profondamente religiosa e sulla base del rispetto per la religione si possono intavolare un fecondo dialogo e una sincera amicizia.Come si sta preparando la Turchia alla visita del Papa e quanta attenzione vi è da parte dell’opinione pubblica?L’autorità morale di Francesco ha raggiunto anche questo Paese e in generale si registra un discreto interesse nei confronti della sua persona e del suo magistero. I media quasi mai danno risalto alle vicende della Chiesa e se lo fanno è per mettere in evidenza scandali o notizie frivole che la riguardano. Questa visita, invece, viene presentata come una grande opportunità per mostrare il volto moderno e aperto della Turchia. La scorsa settimana ho parlato della visita del Pontefice a circa duecento studenti musulmani che ascoltavano con entusiasmo e interesse. Essi ritengono un onore per la loro nazione poter accogliere il Papa. Ovviamente in alcuni ambienti si percepisce anche una certa indifferenza e talvolta una malcelata diffidenza. Secolari pregiudizi si frappongono tra il cristianesimo e l’identità turca. La visita serve proprio a cercare di abbattere i muri del pregiudizio per costruire ponti di reciproca conoscenza e accoglienza. La Turchia confina con un’area del Medio oriente sotto la minaccia dell’avanzata del cosiddetto Stato islamico. Quale significato assume la presenza del Pontefice in un momento così delicato per la regione?Il dialogo con l’islam moderato è l’unica via per evitare le derive dell’integralismo religioso. Dinanzi a ciò che sta accadendo in Siria e in Iraq si corre il rischio di cadere nella tentazione di invocare una guerra di religione, che sarebbe distruttiva come nessun’altra. La visita del Papa in un contesto moderato contribuisce a mostrare che il cristianesimo non è nemico dell’islam e che i musulmani non hanno nulla da temere. La parola di Francesco servirà certamente a mostrare che la religione non può e non deve essere mai strumentalizzata per fini politici ed economici. La sua voce, insieme a quella degli altri leader religiosi, deve continuare a gridare che mai si può compiere il male in nome di Dio. Purtroppo a volte sembra che da parte islamica la condanna delle persecuzioni anticristiane non sia così esplicita ed efficace. Ma l’universo islamico è molto frastagliato e non c’è una voce altrettanto autorevole e riconosciuta. La parola e l’esempio del Papa hanno, pertanto, un ruolo imprescindibile nell’evitare una pericolosissima guerra di religione.Cosa si aspetta dalla visita di Francesco la Chiesa turca, «piccolo gregge» ma dalle origini antichissime e segnata, come lei ha ricordato, dal martirio anche in tempi recenti? La comunità cristiana qui si sente spesso periferica non solo rispetto alla maggioranza musulmana, ma anche all’interno della Chiesa stessa. La visita del Papa mostra la sollecitudine del successore di Pietro nei confronti di una comunità piccola e in diaspora, ma viva e coraggiosa. (©L'Osservatore Romano – 28 novembre 2014)
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