La mia attuale esperienza di allenamento mentale in una squadra professionistica di Pallacanestro è una tale miniera di spunti di condivisione per tutti coloro che operano nel mondo del coaching o semplicemente si interessano all’argomento, da creare una sorta di imbarazzo nella scelta degli argomenti da approfondire.
Imprigionare in poche righe il senso di un percorso annuale di mental training può risultare incompleto, ma anche avviare spunti di riflessione e sharing estremamente stimolante.
Ogni seduta corale o individuale potrebbe essere oggetto di studio, elaborazione e divulgazione.
Partiamo proprio da questo, cioè dalla domanda che molti colleghi coach e allenatori mi fanno ultimamente: come/cosa fai/fate?
Istituzionalmente facciamo una coaching di squadra in inglese vista la predominanza USA e straniera, settimanale, e in base a richieste o percorsi individuali pianifichiamo gli incontri singoli.
La presenza h24 permette rinforzi e input informali costanti.
Il programma “spazia” allargando la formazione, in appropriati incontri, anche allo staff tecnico e a tutti i dipendenti dell’organizzazione. Il titolo che abbiamo dato al progetto è esplicativo delle linee guida: “THE SAME PAGE”.
La prima parte del percorso è stata un viaggio alla scoperta degli innumerevoli strumenti che sono a nostra disposizione e al loro utilizzo quotidiano attraverso il mental training.
Focus, gestione dello stato d’animo, self talking, identità e convinzioni, atteggiamento produttivo, i più trattati.
Varianti, sfaccettature, evoluzioni di ognuno di questi, spesso sono oggetto di approfondimenti e applicazioni personali e di squadra.
Da ognuno dei nostri incontri fuoriescono “parole chiave”, frasi caratterizzanti, “motti”, gesti, condivisi che poi sono oggetto di rinforzo costante attraverso i social network o semplici foto/disegni/cartelli che disseminiamo nei nostri ambienti di lavoro.
Quasi sempre musiche e clips “ancorate” a momenti significativi delle nostre condivisioni, “risuonano” nei maxi schermi del nostro Palasport prima e durante le partite casalinghe.
Per entrare in un dettaglio su un esempio che possa essere significativo vi voglio raccontare di una sezione plenaria di qualche settimana fa che, come quasi sempre, contempla il richiamo a più abilità.
Premetto che praticamente MAI mi occupo della partita precedente o successiva. La preparazione delle gare nello specifico è di pertinenza dello staff tecnico. Utilizzo solo, laddove necessario, episodi, fatti, riferimenti, che contribuiscano a sviluppare coscienza e acquisizione di abilità nell’utilizzo degli strumenti utili a potenziare l’atteggiamento personale e di squadra più appropriato per accedere a risorse e talenti, e di contestualizzarli in relazione al momento.
Il titolo dell’incontro era IDENTITA’ e come vedremo, ha fortemente interessato l’utilizzo del focus e la gestione delle convinzioni intese come programmi.
Tutto è iniziato con questo video:
L’inaspettato ottimo rendimento della squadra creava sorpresa tra stampa e addetti ai lavori al punto di correre il rischio di generare negli atleti, una sorta di senso di inadeguatezza.
Una squadra ricostruita intorno a un grandissimo giocatore ma sostanzialmente nuova, giovane, e piena di elementi senza pedigree,non avrebbe istituzionalmentepotuto pensare di essere collocata in posizioni alte… ma questa era solo un’idea e soprattutto un pensiero altrui.
Obiettivo della coaching è stato:
Spostare il focus dai background ancora “in fieri”, ai talenti.
L’utilizzo di filmati, storie, metafore e condivisioni hanno completamente cambiato il punto di vista di ogni singolo giocatore e di conseguenza l’ “autoetichetta” del gruppo.
Jeremy Brown nel video pensava di non essere in grado, forse di non meritare un “fuoricampo” e quindi non lo credeva possibile (convinzioni)…. Ma poi….
Dedicato ai “miei” giocatori….
DiAndrea Cannavacciuolo