Spesso, chi soffre di allergia al nickel, viene invitato a seguire delle apposite diete restrittive che puntano a contenere l'apporto di questo metallo, e si vede sconsigliare, in particolare, l'adozione o il mantenimento di diete vegetariane... Ma è davvero una precauzione necessaria?
Sebbene il nickel sia indubbiamente la principale causa della dermatite da contatto allergico, quello di cui non abbiamo ancora prove convincenti, almeno secondo l'allergolo Italiano Silvio Pizzutelli in una suapubblicazione scientifica dal significativo titolo Iper-sensibilità sistemica al nickel e dieta: mito o realtà?, è che il nickel - se ingerito attraverso l’alimentazione - possa anche causare disturbi cutanei (dermatite da contatto sistemico) o gastro-intestinali/respiratori/neurologici (sindrome da allergia sistemica al nickel) e che questi possano regredire grazie a diete a basso apporto di questo metallo.Anzitutto, la stessa definizione di “ad alto contenuto di nickel” è controversa: non solo per la mancanza di un consenso scientifico sulla soglia effettiva, ma anche perchè, sebbene il contenuto in nickel di frutta/verdura sia in genere superiore di quattro volte rispetto ai cibi di origine animale, possono esserci sostanziali differenze in base alla provenienza dei prodotti, o - più specificamente: tipo di suolo, uso di ferilizzanti sintetici e pesticidi, contaminazione del terreno da scarti industriali ed urbani, distanza da fonderie di nickel, condizioni climatiche e stagionali (con un dimezzamento dei livelli nel periodo estivo).
In ogni caso, è vero che c'è accordo almeno su alcuni cibi, indipendentemente dal suolo, ossia:- Legumi: arachidi, fagioli, lenticchie, piselli, soia- Cacao- Noci- Grano integrale e avena
L'apporto alimentare, però, andrebbe contestualizzato rispetto all'effettivo assorbimento gastro-intestinale, che varia dall'1 al 10 % e viene limitato dalla contemporanea ingestione di ferro e vitamina C.
Inoltre, ci sono svariate possibilità di ingestione del nickel non legate ai cibi in sè, ma al fatto di essere confezionati in scatola e/o preparati con stoviglie in nickel, soprattutto se al primo utilizzo e/o in abbinazione a cibi acidi come pomodori, limoni, aceto.
Infine, in una valutazione complessiva, non andrebbe trascurato l’apporto che viene dalle sigarette, nonchè dall’acqua di rubinetto laddove ci siano tubature e rubinetti corrosi, specie per l'acqua calda e per la prima del mattino. Ma in ognuno di questi casi, l'entità dell'apporto e la sua importanza restano dubbie.
L’unica certezza è che eventuali risultati con diete low-nickel siano ancora da provare con studi veramente rigorosi, che permettano di escludere il ruolo giocato dall’effetto nocebo, ossia l’auto-convincimento sul presunto danno che verrebbe da determinati alimenti, il quale innesca a sua volta dei reali processi fisiologici deleteri, e che tengano conto dell’eventuale co-esistenza di altre patologie insieme all’allergia al nickel, senza che tra le due esista necessariamente un legame.
La pubblicazione in questione è disponibile integralmente anche in lingua italiana, e rimandiamo alla sua lettura o al contatto diretto con l'autore per approfondimenti.Bibliografia:
Pizzutelli S. Systemic nickel hypersensitivity and diet: myth or reality? Eur Ann Allergy Clin Immunol. 2011 Feb;43(1):5-18. [Disponibile anche in una versione italiana]