Il gruppo Almaviva, che opera nel settore delle telecomunicazioni, conta 16.000 dipendenti in tutta Italia, di cui 4.900 tra servizi informatici e call center. Nella capitale gli operatori telefonici sono 2.600 divisi tra le tre sedi di via Lamaro, Scalo Prenestino e Casal Boccone. Il futuro di molti di loro oggi è un’incognita.
Il 26 settembre Almaviva Contact di Roma ha confermato infatti la cassa integrazione straordinaria per 632 dipendenti, già annunciata ad agosto. Tutti sospesi a zero ore per 12 mesi. Ufficialmente la cessazione attività sarebbe causata dall’improduttività dei lavoratori e dal forte assenteismo, ma le vere ragioni sembrano essere altre.
“L’azienda di fatto non ha cessato nessuna attività – spiega Marina, una delle lavoratrici – ma le commesse gestite dai 362 lavoratori di via Lamaro sono passate gradualmente nel corso del 2012 alla nuova sede aperta a Rende (Cosenza)”. Il perché non è un segreto: la nuova sede in calabria è stata aperta grazie anche agli incentivi della Legge 407/90, che prevede finanziamenti statali per assunzioni agevolate in “zone disagiate”. Ecco svelato il trucco di Almaviva: “scarica i lavoratori romani, ormai troppo costosi, sulle spalle dell’Inps e riduce al massimo il costo del lavoro grazie ai soldi della Regione Calabria”.
I lavoratori ritengono pretestuose le motivazioni ufficiali del provvedimento e si ribellano ai tentativi dell’impresa di soggiogarli ai propri voleri. “Nei mesi scorsi abbiamo pure detto NO a un’ipotesi di accordo inaccettabile, formulata dalla società insieme ai sindacati regionali, che lasciava fuori dalla trattativa le nostre RSU“.
di Marco Nurra | @marconurra
(12 novembre 2012)