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Alps

Creato il 09 luglio 2014 da Jeanjacques
Alps
Come ogni settimana è arrivato il martedì. E grazie al cazzo, direte voi, succede sempre, è la naturale successione temporale. E poi più che altro ci si lamenta del lunedì, ma stranamente a questo giro non scrivo per lamentarmi. Più che altro volevo sottolineare il fatto che, dalle mie parti, oltre al mercato mattutino, la sera del secondo giorno della settimana si tiene anche una simpatica rassegna di film inediti sottotitolati in un bar abbastanza malfamato e pieno di loschi figuri. Cose che a confronto i peggiori di Caracas sono ospizi per vecchiette. Però l'iniziativa è molto interessante quindi, nonostante sia stato costretto a dover saltare un paio di proiezioni peraltro molto interessanti, dovevo andarci. Anche perché ultimamente ho scoperto le macabre meraviglie del cinema greco e questa volta toccava a Alpeis di Lanthimos, colui che mi aveva inquietato non poco con Kinodontas e che mi aveva fatto tremendamente bestemmiare per l'irreperibilità di questo suo successivo lavoro, facendomi rendere conto che manco la rete rende liberi di acculturarsi come si vuole. Quindi ben vengano iniziative come questa, perché permettono di esplorare settori di una propria passione che da soli forse non riusciremmo mai a colmare, e infatti il cinema non lo si deve usufruire meramente, ma anche condividere. Purtroppo però io abito in un paese del Trentino e non a Bologna, quindi...

Un gruppo di persone, dietro compenso dei familiari, si mettono a interpretare per poche ore la settimana le vite dei loro cari defunti. Si informano di tutte le loro particolarità e inscenano persino degli sketch che li vedono protagonisti. Si fanno chiamare Le Alpi, perché qualsiasi montagna delle Alpi può sostituirne un altra ma non viceversa. Un giorno però una delle 'attrici decide di tenere per se la notizia della morte di una giovane tennista, e quindi...

Sicuramente a Lanthimos deve piacere molto Haneke, o almeno, il regista austriaco deve essere stato uno dei suoi maestri ispiratori, perché la freddezza tipica delle sue pellicole le ritrovo in quelle dell'autore greco, da molti considerato come uno dei nuovi maestri della moderna settima arte. Poi, questa invece è una sicurezza più che assoluta, io devo essere una persona abbastanza ignorante, perché nonostante tutti decantino le abilità di questo cineasta io arrivo a pensare che, per quanto bravo e sicuramente capace di ricercare dei temi interessanti e scomodi, arrivi solo a metà di quello vuole dire. Chiamatela stupidità o eccessiva analisi - leggasi: cacacazzismo - ma come nella sua precedente fatica non riesco a ignorare delle cose che non mi fanno esultare come molti altri recensori della blogsfera, sicuramente più bravi e accorti di me, hanno fatto. Qui dentro ho trovato temi come l'elaborazione del lutto, il ricordo, il sentirsi realizzati solo appartenendo a una cerchia e la ricerca della propria individualità, ma ho come avuto l'impressione che fossero maldestramente messi tutti insieme, facendone risaltare alcuni a sfavore di qualcun'altro. Perché il soggetto di base è potente e sfiancante, ma manca qualcosa che lo giustifichi. Perché questi personaggi lo fanno? Cosa li ha fatti incontrare? Tutte cose che mancano e che per questo mi hanno fatto sembrare il film come una cosa un pochetto fine a sé stessa. E qui possiamo tirare di nuovo in ballo Haneke, perché pure lui utilizzava un escamotage narrativo simile eppure con risultati diversi. Nei film dell'austriaco le cose non dette erano alla fine quello che gravava sul senso finale dell'opera, il non sapere determinate cose di rilevante importanza faceva in modo che i suoi film divengano delle opere di terrore estreme e agghiaccianti, provocatorie come non mai. Qui invece ho percepito quelle mancanze come delle semplici sviste, dei particolari che forse avrebbero permesso all'opera di volare davvero. Ma da un lato è proprio questa freddezza che rende il film indimenticabile ed efficace, è il vedere [di nuovo] il sesso così freddo e quasi assente nonostante la presenza, la distanza di sicurezza che si vuole creare non tanto per evitare di assistere alle scene più cruente, ma per avere uno spazio visivo più ampio in modo da poterne mirare le conseguenze, che mi ha saputo far sentire sporco e infastidito - che se non si fosse capito, è una sensazione che spero riesca a darmi un film con questi intenti. «La morte non è la fine, ma l'inizio di qualcosa di migliore», dice a un certo punto la protagonista ai genitori della giovane tennista morta, ed io credo che il succo di tutto il film si nasconda in questa frase. Perché la morte è triste, dolorosa e reca un immenso dolore ai nostri cari. Ma una volta che sei morto, sei morto. Stop. E' la vita il vero problema, vivere è forse la fatica più grande di tutte. Non so come sia la società greca, a parte che sono messi peggio di noi in quanto a crisi, e questo forse mi impedisce di capire appieno certi passaggi, ma il vedere come rappresentano la perdita dell'individualità in film come questo o Miss Violence mi fa davvero raggelare il sangue. Così come l'incertezza che aleggia intorno al padre della protagonista (lo sarà veramente, poi?), quello sì un non-detto usato alla perfezione ma che, sempre a mio parere, finisce per perdersi in quello che è un mare tranquillo ma che accenna una parentesi di burrasca.

Il cinema greco continua a mietere vittime e ad appassionarmi sempre di più. Questa pellicola è la conferma dell'interessante voce offerta da un panorama troppo spesso ignorato che però sta emergendo.

Voto: ★ ½
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