Tradire un amore per noia o per raggiunti limiti di sopportazione. Le strade che portano alle corna sono infinite, tra insoddisfazioni e passioni andate in soffitta. Al traino delle immancabili indagini da spiaggia, tornano gli articoli sull’estate fedifraga. La stagione del peccato, la solita solfa sulla pelle che si scopre (non solo per il caldo) e ci rende più esposti alle lusinghe di chi sogna un’avventura “fuori porta”. Così, in estate, ci si alleggerisce di tutto: i vestiti riducono dimensioni e spessore e i sentimenti si nascondono nel file “torno subito”. Feste, aperitivi, brunch, occasioni da non perdere. Per le donne, uno sciame di scollature (zone interessate, inguine e décolleté). Per gli uomini, occhio “pendulo” e una buona dose di sbruffoneria (destinata a chi gradisce l’articolo). Basta avere l’io un po’ ciancicato, sentirsi poco desiderati o del tutto trasparenti e il gioco è fatto.
L’altro giorno parlavo di tradimenti con mia cugina, fedele strafedele (insomma, avrà le sue buone ragioni) e lei sosteneva che “sa ‘dda suffrì”, nella buona e nella cattiva sorte. Se il tuo lui ti ignora, ti fa le corna anche coi muri, ti schernisce, sempre e comunque, facendoti sentire un’idiota perfetta, tu devi porgere l’altra guancia, nella speranza che, sempre lui, si ravveda e torni ad amarti e desiderarti come il primo giorno. L’ho guardata come si guarderebbe un bipede a cui, improvvisamente, spunta un nasone verde e uncinato. E giù cazzotti verbali: “Non sono d’accordo a fare la crocerossina del talamo nuziale”- le ho detto – se lui mi tratta come un mocio vileda, lo mando a quel paese!”.