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Non sarò certo io a dire le cose più intelligenti o più semplici di questi film straordinari, di un'industria del cinema americano che sapeva produrre i propri capolavori con straordinarie autoconsapevolezza e ricchezza di mezzi. Non sarò io a dire di più, in specie se comincio con uno dei film-simbolo di Hollywood, Sunset Boulevard (1950). Ma ho bisogno di questo cinema che, assumendo nella sua fattura la complessità di un sistema, tematizzando il sogno americano e la sua dissoluzione, mi rende il tempo più accettabile.
Avviamoci, dunque, sul Viale del tramonto, percorso da Norma Desmond, l'indimenticabile mito del film muto caduto in un oblio per lei inspiegabile con l'avvento del sonoro. Sunset Boulevard racconta, a distanza di anni, un trauma: non il cambiamento di un'industria e delle sue regole, ma la resa dei conti. Il cinema rende immortali per quel tanto che il ricordo resiste, non restituisce un lasciapassare per l'eternità. Certo: a vedere questo film, si ha l'impressione contraria. Ma ciò accade solo perché l'impianto stesso della società americana presenta, come linea di continuità, una granitica aspettativa di autodistruzione, di disinnescare la sua brutale catena di montaggio dei sogni di costosissimo princisbecco.
Norma Desmond (Gloria Swanson), che vive in un mondo fatto solo di Norma Desmond, non rimpiange il cinema muto: non riesce andare oltre quel tempo che credeva di aver eternato e invece ha assolutizzato a prigione dei suoi stessi sogni, mentre quelli altrui, dei suoi ammiratori, si sono già assopiti tra i cuscini del tempo. Se ne rende conto a perfezione il fascinoso Joe Gillis (William Holden), sceneggiatore povero in canne costretto da una lauta ricompensa ad adattare una verbosissima sceneggiatura impossibile sulla tragedia di Salomè,tratta senz'altro più dall'esteta Oscar Wilde che dal severo Vangelo di Matteo.
Ma, a differenza di Dorian Gray, Norma Desmond alimenta il mito stesso della propria immagine passata, mentre il cadavere della sua trascorsa bellezza si balocca nelle sue finzioni. La donna, che quando la conosciamo ha appena perso una scimmia (simbolo semanticamente sfaccettato, dal piacere incontenibile all'irresolutezza di azioni speculari) è aiutata in quest'autismo dal fedelissimo maggiordomo hitchcockiano Max (Eric von Stroheim), il quale - con tanto che ha da tacere e con il suo amore sincero - è sempre nella posizione di chi sa essere spietato sulle condizioni reali della sua diva.
Viale del tramonto è un falò delle vanità: la donna che crede di poter comprare la vita di un uomo, la vita che non ha e l'amante vero che non avrà mai; e l'uomo che crede di essere autosufficiente, superiori ai sogni di una donna che gli dona tutto. Sunset Boulevard è un film che lascia senza fiato e tiene desti gli spettatori per il suo ritmo e la sua carica narrativa, per la sua immediatezza comunicativa che non pretende mai di essere cruda verità, ma sublimazione di un incantesimo smascherato.
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