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Alzheimer: una molecola blocca la riproduzione delle cellule

Creato il 14 settembre 2014 da Retrò Online Magazine @retr_online

Il morbo di Alzheimer, che spesso colpisce le persone più anziane, è una delle malattie degenerative studiate da più tempo in cerca di una cura; a Torino, in questi ultimi giorni, è stato compiuto qualche passo avanti nell’analisi della sua insorgenza. Lo studio in questione ha visto la luce nei laboratori del Nico (Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi), in collaborazione con l’Università di Torino, ed è stato recentemente pubblicato sulla rivista scientifica Autophagy. L’equipe di studiosi ha lavorato sotto la direzione del direttore del Nico, Alessandro Vercelli, e ha potuto collaborare con il Dipartimento di Scienze biologiche e cliniche dell’Università di Torino e ricercatori provenienti dalle Università di Catania, Genova, Losanna e della Columbia University di New York. La ricerca ha portato alla luce il funzionamento di uno dei meccanismi che impedisce alle cellule del cervello di “ripulirsi”, favorendo quindi la comparsa dell’Alzheimer.
La causa sarebbe da ricercare nell’accumulo, nel tessuto cerebrale, di peptidi di amiloide. E’ stato quindi individuato il legame tra questa molecola e i meccanismi del ricambio e della morte delle cellule cerebrali. Il ricambio cellulare normale, all’insorgere dell’Alzheimer, risulta alterato in quanto non viene eseguito uno “smaltimento” tramite autofagia delle cellule morte, impedendo a quelle sane di funzionare a dovere a causa dell’accumulo di detriti. Finora, il meccanismo che regolava questo mancato ricambio non era perfettamente chiaro.
Come hanno sottolineato le ricercatrici del Nico, Elena Tamagno e Michela Guglielmotto, una scoperta simile può portare notevoli vantaggi alla ricerca di una cura: -Grazie a questo studio abbiamo aperto la strada a nuove ricerche, occorre infatti indagare i meccanismi molecolari che rallentano lo smaltimento di ‘rifiuti’, così da favorire il processo di ricambio cellulare di tipo ‘positivo’ e frenare lo sviluppo dell’Alzheimer. Questi risultati, che confermano l’importanza della ricerca di base, potrebbero aiutare a disegnare nuove terapie che possano curare, o almeno alleviare i sintomi di questa terribile malattia.-

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