Negli anni '70, quando ero bambino, ricordo che entrai in un bar o in un qualche altro esercizio pubblico con la Tv accesa in sala. Ricordo che compariva Amanda Lear.
No. Non tra i presenti avvinazzati ma in Tv. Era fasciata in un abito bianco. Doveva essere il '77. La ricordo cantare il suo cavallo di battaglia Tommorow con quella voce affetta da raucedine maschile. Scoppiò il dibattito tra i presenti.
Amanda Lear ha fatto centinaia di interviste. E per centinaia di volte ha dato una versione diversa sui genitori, sulla data di nascita, sul sesso alla nascita.
La carta d'identità di Amanda Lear dev'essere come il codice di Hammurabi o il codice da Vinci: tutta da decodificare.
Eppure non ci vuole un egittologo per capire che Amanda un tempo poteva essere davvero un ragazzino. Tale Alain René Tapp, nato a Saigon nel 1939, operatosi a Casablanca dal chirurgo dottor Burou, già celebre per altri interventi sul cambio di identità di genere.
Cambio di identità, cambio di nome: Peki D'Oslo. E un lavoro altrettanto nuovo. Nel 1966 diviene spogliarellista al
Pare sia stato proprio nella città spagnola che Salvador Dalì, del quale divenne musa per la particolarità dei suoi tratti spiccatamente androgini, se ne innamorò durante uno spettacolo sadomaso condito da fruste al Barri Gòtic.
Ma la biografia del celeberrimo artista visivo non sarebbe l'unica solida fonte dalla quale emergono conferme sull'ambiguo e misterioso passato di Amanda.
Vi sono infatti anche foto dell'epoca in cui una Lear pre e post operazione sarebbe stata immortalata e poi nelle testimonianze pubblicate da April Ashley, modella transessuale inglese.
Ma Dalì, con il quale divise una casa a Londra insieme alla di lui moglie, non fu l'unica illustre frequentazione di Amanda. David Bowie fu, a suo dire, l'unico compagno in grado di truccarsi più di lei e di sporcare ogni sera i cuscini del letto.
Il successo planetario di Amanda (in quanto Amanda) iniziò tuttavia nel 1973 quando fu scelta per la copertina di For Your Pleasure, album dei Roxy Music, ove una Lear che parte una hostess assai fetish tiene per il guinzaglio una pantera indomita.
Il resto è leggenda, ma meno leggendaria delle origini della Lear. Nel 1975 intraprende la propria carriera nella disco music grazie alla casa discografica Ariola Music ed il suo successo dovuto a brani come Queen of Chinatown o l'intramontabile raggiunge anche la Russia. Vende 15 milioni di album e 25 milioni di singoli.
Nel frattempo ripara come un'imperatrice d'altri tempi ad Avignone dove, in un incidente che ha un sapore tutto medievale, perde il marito a causa di un incendio provocato da un tizzone ardente che rimbalza su di lui dal caminetto acceso. Ma anche per lei di scintille non ne mancano quando, spiegando perché se ne sia fuggita all'estero a fare teatro, ingaggia una polemica senza fine con una collega per una sua celebre frase ("se rimango a lavorare in Italia rischio di finire come la Parietti...).
Ancora oggi - che è pittrice con una mostra curata da Vittorio Sgarbi a Spoleto e membro della giuria a "Si Può Fare" di Carlo Conti - le origini di Amanda Lear sono un rebus risolvibile non certo grazie al suo aiuto.
Lei si limita a dire che ha sfruttato questi dubbi fomentati dalla sua tonalità virile per lanciare la sua carriera. Io dico soltanto una cosa di rimando: Amanda ti amo, qualunque cosa tu sia stata o diventerai. Amo la tua risata, la tua capacità di non prendere nulla sul serio, la tua sensibilità artistica. E se dovessi scrivere un libro su di te lo chiamerei Se Questo E' Un Uomo. So che Primo Levi mi perdonerebbe.