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E' incredibile, di tempo ne è passato tantissimo. Era la fine del 1997, per l’esattezza Gennaio 1998 (in Italia uscì in leggero ritardo), ero piccolo eppure il giorno in cui vidi per la prima volta “Titanic” sul grande schermo me lo ricordo come se fosse ieri. Il cinema strabordava di gente e la sala era strapiena. Molti erano costretti a rimanere fuori a causa dei biglietti esauriti, gli altri, i più fortunati, si apprestavano a mettersi in fila muniti di grandi scorte di cibo e bevande, coscienti della lunghissima durata della proiezione. L’attesa prima dello spegnimento delle luci era la stessa per chiunque, ogni singola persona sembrava consapevole di essere in procinto di vedere un futuro pilastro della storia del cinema, nessuno appariva scettico o distratto, nessuno aveva il coraggio di chiacchierare o farsi i fatti propri, tutti erano concentrati e intrepidi affinché quel dannato schermo si accendesse e cominciasse a raccontare la grande storia. Non quella del Titanic ma quella di Titanic, quella che James Cameron teneva a raccontarci, quella incantevole e romantica tra il povero Jack e la ricca Rose.
Perché se poteva essere attendibile la supposizione che a portare tutta quella gente al cinema fosse la curiosità degli effetti speciali e di come la tragedia fosse stata trasposta sullo schermo, non ci sono nemmeno dubbi che una volta saliti a bordo della nave diventava la storia d’amore ad appassionare la gente e a tenerla incollata alla poltrona. Il resto è storia. Com’è andata a finire lo sappiamo: un successo stupefacente, undici Oscar, il migliore incasso della storia del cinema superato solo dodici anni dopo da un altro capolavoro: “Avatar”, si, sempre di James Cameron. Il cineasta più intelligente in attività e tra più intelligenti di sempre. Lui non fa cinema, lui vive il cinema. Quando lavora a una sua opera cerca sempre di spingersi oltre, di superarsi. Lo fa per sorprenderci, per deliziarci e fare in modo che ogni volta che paghiamo un biglietto per vedere un suo film rimaniamo a bocca aperta. E fidatevi, bisognerebbe osannarlo per questo.
Ma veniamo al motivo responsabile di questo post: l'uscita al cinema di "Titanic" riconvertito in 3D. Dovrebbe essere già sottinteso, ma per sicurezza lo stabiliamo ancora una volta: non è stata un operazione eseguita per ragioni economiche (George Lucas qui non c'entra). Evidentemente James Cameron “Titanic” (inconsciamente forse, chissà) lo aveva già pensato in 3D e lo aveva persino girato in quel modo, nella riconversione si intuisce benissimo come la profondità delle scene sembri ragionata alla perfezione come se dovesse appartenere a una pellicola stereoscopica. Il risultato è uno dei migliori 3D riversati mai visti al cinema, ma considerato che il Re Mida di Hollywood ci aveva lavorato scrupolosamente di persona non avevamo grossi dubbi a riguardo.
La vera notizia allora è tornare a vivere gli stessi momenti di quindici anni fa: rivedere i cinema affollati, i biglietti esauriti, le sale piene e la gente emozionarsi ancora davanti al “Ti fidi di me?” che Jack dice a Rose sul ponte della nave, oppure commuoversi mentre Rose salta dalla scialuppa e correndo disperatamente raggiunge Jack, esclamando “Salti tu salto io, giusto?”. Sensazioni vissute molto tempo fa ma a tutt'oggi immutate, celate magari sotto un piccolo paio di occhialini meritevoli di aver donato al Titanic il pretesto per tornare al cinema in occasione del suo centesimo anniversario dalla partenza (motivo principe della riproposizione) e capaci di averci fatto vivere con il cuore la tragedia per l’ennesima volta come fosse la prima.
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