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Ambientalisti solo a casa propria? Il prode Luca Ferrari respinge l’assalto dell’Astioso Michele

Creato il 12 settembre 2012 da Cremonademocratica @paolozignani

Visto che nella sua requisitoria vengo tirato in ballo, cerco di spiegarle perché considero le sue idee “astiose, inconcludenti, superate dalla storia”:

l’argomentazione del “dov’erano costoro?” mi sembra abbia più l’obiettivo di delegittimare i cittadini che osano criticare piuttosto che affrontare il tema per quello che è: è un po’ come quando i detrattori dei diritti dell’immigrazione (anche se sanciti dalla Costituzione), anziché limitarsi a considerare il fenomeno reale portano come motivazione a sostegno delle loro tesi la logica della ‘reciprocità’. “Perché mai”, sostengono, “dovremmo ‘consentire’ la costruzione di una moschea dal momento che se noi andassimo là col cavolo che ce la farebbero fare?”.

Le chiedo: cosa c’entra se i cittadini di Spinadesco e Cavatigozzi si ‘svegliano’ solo adesso? Ha forse meno valore la loro rivendicazione? Cos’è questo retorico, moralistico attacco al fenomeno NIMBY? Nessuno, se dotato di un minimo di amor proprio e di intelligenza, vorrebbe una centrale nucleare dietro casa solo perché le autorità sostengono risponda all’interesse collettivo (soprattutto in un Paese come l’Italia dove latita lo spirito di coesione nazionale): la salute è un bene fondamentale, assoluto, che non può essere piegato a nessun’altra logica, men che meno quella del profitto di pochi.
Dato che la popolazione è costituita più che altro da persone ‘normali’ e non da braveheart, pronti a sfidare il mondo per motivi di principio, è naturale che i cittadini diventino coscienti dei problemi quando li hanno sotto casa: cosa c’è che non va in questo? E’ forse insensato preoccuparsi di quanto accade a due passi da casa solo perché non ci si è preoccupati del problema Tamoil? Non se ne ha diritto?

A me sembra, egregio Michele detto l’Astioso (ma giudico astiose le sue idee, non lei…), che le sue argomentazioni siano deboli e pretestuose soprattutto perché non affrontano il problema per quello che è: se è provato che un’attività arreca danno alla salute dei cittadini e all’ambiente, Cavaliere o meno, va chiusa e basta; o, se esistono ‘intelligenze imprenditoriali’, riconvertita per preservare i posti di lavoro ed evitare delocalizzazioni.
Ma non dovrebbe più esistere che in nome del lavoro per il lavoro un’attività produttiva possa provocare danni alle persone e all’ambiente in cui si vive. Questo è antistorico, stolto, autolesionistico, miope. Oltre che paradossalmente antieconomico.
Servirebbe comunque che la politica amministrativa di un territorio fosse degna delle sue prerogative istituzionali: governare il locale, far rispettare le norme esistenti, mediare e trovare soluzioni sostenibili che abbiano sempre al centro i diritti di tutti a una vita sana e sicura. Nel caso Tamoil, credo che lo riconoscerà, non sembra essere andata propriamente così…

Luca Ferrari

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