Amerai il Signore tuo Dio, e il tuo prossimo come te stesso.

Creato il 24 ottobre 2011 da Ambrogio Ponzi @lucecolore


30ª DOMENICA del TEMPO ORDINARIO anno A
VangeloMt 22,34-40Amerai il Signore tuo Dio, e il tuo prossimo come te stesso.
Dal Vangelo secondo San Matteo In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti». - Parola del Signore
  •  Facciamo silenzio per prendere meglio coscienza dell’ospite che è Gesù e che vuole parlarci.
  • Il desiderio è quello di riuscire a dire l’essenziale senza lasciarci schiacciare dal mistero, la cui luce emerge da questa parola e dagli avvenimenti che sono alla radice.

La liturgia celebra, con queste letture, l’amore di Dio che produce l’amore per l’uomo e che genera l’amore dell’uomo per l’uomo, l’amore della persona umana verso il suo simile. Ascoltiamo questa parola per intravedere il dono di grazia che racchiude, e chiediamo che si riveli a noi il suo senso profondo. La prima cosa che emerge è : l’amore è Dio. Ma come si manifesta? La prima lettura è sorprendente, perché dimostra un insieme di indicazioni che nascono dall’amore di Dio per l’uomo. La prima lettura è favolosa in questo senso, e per questo la percorriamo di nuovo. Dio si preoccupa del mantello dato in prestito e chiede, pensando alla condizione del povero che ha dovuto cedere il mantello, che sia reso prima della notte, perché la notte è fredda. Per l’intuizione che noi chiamiamo amore, Dio si identifica con il povero che è nel freddo. Così, quando dice di accogliere il povero, il forestiero ricorda ad Israele di pensare a quando era esule in Egitto. In questo senso invita Israele, ripensando al dolore vissuto, a maturare una coscienza nuova e a non essere motivo di nuovo dolore. È stupendo questo passaggio! Dalla interiorizzazione della memoria di quegli eventi - la fuga in Egitto, l’esilio - il Signore trae spunti per una visione piena di rispetto per la persona. Facciamo molta attenzione a questo e, nell’elaborazione della coscienza, cerchiamo di assimilare ciò che Dio attraverso Gesù fa. Dio ci educa attraverso Gesù, attraverso dei fatti vissuti e sofferti; e, attraverso l’esperienza, ci invita a non maturare la vendetta ma l’accoglienza, il rispetto per le persone, tanto più se sono in condizioni svantaggiate o di sofferenza. La congiunzione tra Amore, Parola e Storia produce la coscienza di un popolo che oggi abbiamo bisogno di ritrovare. Si tratta di ritrovare la coscienza della dignità di ciascuno, anche del più disgraziato, perché possa essere accolto e liberato. È preziosa anche la misericordia, perché ci invita ad accogliere il fratello, fosse anche un delinquente. Dio, che è misericordia, dilata il cuore verso chi ha bisogno. L’amore di Dio per noi ha il suo volto concreto e si incarna nelle situazioni umane, ed opera perché queste situazioni siano affrontate e risolte. Questa coscienza va avanti in noi? Pensiamo anche ai rapporti più stretti di amicizia, di familiarità, di chiesa. È una pista suggerita dalla Parola. Dio ama l’uomo e lo fa crescere, e opera tutto in questa direzione. Ma c’è un altro punto, e sto commentando il Vangelo, che si aggiunge a questo: l’amore di Dio per l’uomo è anche perché l’uomo impari ad amare se stesso e ad amare il fratello. L’amore di Dio per l’uomo genera l’amore per l’altro uomo. È importante che evitiamo lo scandalo di far passare l’amore di Dio come una morte a se stessi. C’è una morte del nostro io che gli permette di crescere. L’uomo è amato da Dio ed è chiamato non solo ad amare i fratelli, ma anche se stesso. C’è un amore di sé che è santo, che viene direttamente da Dio ed è l’amore per noi stessi, per il nostro bene. Ciò che viene rifiutato è l’amore malato, ossia l’egocentrismo che fa girare il mondo come vorrei. Superare l’egocentrismo vuol dire amare noi stessi nel modo giusto così come Dio ci ama. È sorprendente come Gesù unisce in questa pagina il precetto dell’amore di Dio con l’amore all’uomo, perché l’uomo impari ad amare anche se stesso. Cerchiamo di fissare bene questi riferimenti di amore.
  • Dio ama l’uomo e lo invita ad amare. Questo è il primo comandamento: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente ”.
  • Secondo comandamento: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”.
  • Nascosto nelle pieghe del primo e secondo, Dio ci chiede di amare noi stessi nel modo giusto, cioè volendo il nostro bene, avendo cura di noi e della nostra crescita per tutti.
L’amore di Dio è come una corrente che ama e produce amore. Questo amore ci spinge ad amare il fratello che anche Dio, a sua volta, ama. Non c’è nessuna persona che non sia amata da Lui. Un delinquente va amato per la persona che c’è in lui, per la sua vocazione e perché Dio lo ama e lo chiama figlio. Quando io obbedisco alla mia vocazione, mi amo; e mentre amo gli altri, amo me stesso. Se non sono capace di amare me stesso, non posso amare neppure i fratelli. Qualcosa va rivisto. Il fatto che oggi ci sia più cura per l’esteriorità, per l’arrivismo, per il successo, ci porta a non avere amore vero per la persona. Quanto tempo oggi do anche a me stesso per crescere, per recuperare la fede e la speranza? Quanto amo me stesso? L’amore è sempre una risposta a Dio, perché è la sorgente che è in me e nel fratello. Io sono amato da Dio e, nell’amarlo, a mia volta sono chiamato ad amare i fratelli e me stesso. Un’ultima indicazione: il precetto dell’amore porta in se stesso un criterio di valutazione. Come posso dire che amo veramente Dio, se non amo il fratello e coltivo il sentimento dell’odio e del risentimento? Come posso dire di amare il fratello se non amo me stesso nel modo giusto? Ogni amore verifica l’altro. L’ amore a Dio mi illumina sull’amore ai fratelli e viceversa. Posso dire di amare Dio che non vedo, se non amo i fratelli che sono accanto a me e vedo? L’amore ai fratelli è un amore incarnato, perché tocca l’umanità, il carattere e il comportamento della persona. Ho letto un racconto dei padri del deserto. C’era un monaco che esce con la Bibbia sotto il braccio; contava di andare a meditare in un luogo tranquillo e appartato. Lungo il cammino si imbatte in un povero che chiede l’elemosina, ma lui non aveva nulla. Si ricorda delle parole di Gesù: “ vendi quello che hai e dallo ai poveri ”, per cui gli dà il suo vestito e resta nudo. Continua il cammino e incontra uno che sta per essere portato in prigione e che implora di essere aiutato versando una certa somma. Il monaco vende la Bibbia, l’unica cosa che gli era rimasta. Tornando a casa senza niente, i fratelli si meravigliano di lui: come si fa a vendere persino la Bibbia? Il monaco ripete le parole “ vendi quello che hai e dallo ai poveri ”. Non è forse carità questa? Non è forse amore questo? Chi vive la Parola, dà via la Parola. L’amore di Dio si incarna nei gesti quotidiani che noi facciamo.  
  • Preghiamo :
  • perché il Signore ci dia la grazia di armonizzare i vari aspetti dell’amore;
  • perché il Signore ci aiuti ad incarnare, anche nei rapporti umani, lo Spirito che anima Gesù;
  • perché nel nostro cammino personale tutto si armonizzi e possiamo trovare alimento per la nostra crescita attraverso ciò che facciamo, e non mettiamo in conflitto le varie forme : preghiera, ascolto, impegno per i poveri.

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