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La trama ripercorre, romanzandola, la storia di un'operazione dell'FBI, ABSCAM, compiuta negli anni '70. I protagonisti sono due truffatori, i quali, scoperti dall'FBI (Richie di Maso), vengono costretti a collaborare in una truffa finalizzata a scoprire quei politici americani disposti a farsi corrompere. Dentro il lavoro di squadra, intenta a incontrare politici da corrompere, affittare lussuose camere di albergo, far atterrare sceicchi, organizzare incontri per ricostruire Atlantic City; dietro a tutto questo, tuttavia, si muovono i corpi dei protagonisti, tra inganni, relazioni amorose che vanno e vengono: Irving ha una relazione con la collega di truffe, Sydney (che per tutto il film verrà chiamata Edith!!!), con la quale vorrebbe scappare, senza poterlo fare per non abbandonare la moglie, la bellissima (ma stupidissima) Rosalyn (Jennifer Lawrence) e il figlio di lei, da lui adottato.
L'occhio del regista è meno interessato alla trama poliziesca che si sviluppa con precisione e nitidezza, perché sopra di essa costruisce il rapporto tra i protagonisti. La cui fragilità è il centro vero della scena. Sono rapporti fragili, infatti, quelli che si costruiscono sulla finzione e sulla apparenza. Tutto questo è già contenuto nella prima scena del film. Il regista lo sviluppa, non tanto e non solo nella truffa nei confronti della politica corrotta statunitense (e siamo di fronte a scene attualissime), ma soprattutto nei rapporti interpersonali tra i protagonisti: lo stesso poliziotto dell'FBI, ingannatore e ingannato a sua volta dai due truffatori, alla fine è escluso dai meriti dell'arresto, che vengono attribuiti solamente ai suoi superiori. I protagonisti si propongono per quello che non sono, mascherati in una giravolta maestosa di costumi di scena, sempre alla ricerca di una diversa condizione in cui vivere, come se volessero scappare dalla propria realtà, dalla propria vita (Sydney, in primis, ma magistrale è la scena nella famiglia dell'agente federale - in cui, ancora una volta, è il corpo di quest'ultimo, con i bigodini per fargli una inconfondibile quanto irreale capigliatura riccia, ad essere il fulcro visuale della scena).
L'inganno corporeo diventa, quindi, un'esigenza psicologica, una via di fuga, un percorso di vita che la mente richiede con insistenza. Ed è la ragione, l'ingegno, l'astuzia del protagonista a renderla possibile, nell'inganno finale magistralmente architettato. Ancora una volta, però, è la relazione tra mente e corpo ad attuare questo inganno, a renderne evidente il pensiero. Lo dice lo stesso protagonista alla moglie: mentre la mafia lo stava strangolando per ricavarne le informazioni necessarie, ha ordito l'inganno per liberarsi dalla morsa dell'FBI.
Sul rapporto tra mente e corpo, tra inganni, fughe, desideri inappagati, rapporti corrotti (da cui emerge la purezza di una vera amicizia), in un susseguirsi di azioni senza tregua, il regista offre alla gioia del nostro sguardo uno spaccato vivido degli USA di trent'anni fa. E, tutto sommato, ci sembra un messaggio ancora attuale, in quella foga per cercare di mettere il vasetto di marmellata attorno alle mani del politico, senza mai arrivare ai "pezzi grossi". Ogni azione, anche le più meritorie (voler arrestare i corrotti, così come voler dare lavoro agli abitanti del comune in cui il sindaco vuole ricostruire Atlantic City con l'aiuto della mafia), nasconde sempre un inganno, una frode; ovvero l'esigenza di realizzare se stessi scappando da sé, mostrandosi in un modo diverso da sé, come la mente vorrebbe e come il corpo maschera.
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