Il giudizio di Marco ValerioSummary:
La dipendenza dalla guerra di un eroe americano
Chris Kyle (Bradley Cooper) è un U.S. Navy SEAL inviato in Iraq con una missione precisa: proteggere i suoi commilitoni. La sua massima precisione salva innumerevoli vite sul campo di battaglia e mentre si diffondono i racconti del suo grande coraggio, viene soprannominato “Leggenda”. Nel frattempo cresce la sua reputazione anche dietro le file nemiche, e viene messa una taglia sulla sua testa rendendolo il primario bersaglio per gli insorti. Kyle si trova a combattere contemporaneamente un’altra battaglia in casa propria nel tentativo di essere un buon marito e un buon padre nonostante i ripetuti contrasti con la moglie Tanya (Sienna Miller).
Un progetto quello di American Sniper passato dalle mani di David O. Russell prima poi di Steven Spielberg e infine arrivato a Clint Eastwood che ha tentato di farne un prodotto personale e in qualche modo coerente con la propria precedente produzione cinematografica. L’ostacolo principale per Eastwood era rappresentato dal confronto con un personaggio (“il più letale cecchino della storia americana” stando alla sua biografia) non troppo distante dall’ideologia repubblicana che il regista non ha mai fatto mistero di seguire e condividere (celebre la famosa sfuriata contro Obama rivolgendosi a una sedia vuota), pur sottolineando gli aspetti più ambigui e contraddittori di una figura come quella di Kyle.
Purtroppo il risultato è un ibrido scentrato, un film che non riesce a far coesistere l’esaltazione dell’eroe americano, patriota sicuro di sé e refrattario a qualsiasi dubbio o incertezza, con uno sguardo sinceramente critico su questo cecchino infallibile, una perfetta macchina da guerra ma incapace di relazionarsi con gli altri nella vita di tutti i giorni e di vivere un’esistenza priva di conflitti e nemici da combattere. L’assuefazione alla guerra viene vista, quindi, da Eastwood con uno sguardo che tradisce una certa indecisione tra ammirazione e biasimo, tra elogio e disapprovazione, tra tratteggio supermomistico e denuncia di una irreversibile radicalizzazione dei valori fondanti del mito americano. Per questo motivo American Sniper è un prodotto diseguale e incongruente, sospeso e irrisolto dove il regista cerca di attenuare una vena agiografica ma in maniera sbrigativa e appiccicaticcia, poco convinta e poco convincente.
Quello che sorprende maggiormente è comunque la sciatteria di una messa in scena che vorrebbe essere classica ma risulta solo scolastica, con sferzate estetiche pleonastiche (la pallottola che si muove al rallenti) e una sceneggiatura didascalica nell’accumulo di scene madri prive di tensione e di dialoghi tanto sfacciatamente esplicativi quanto irrimediabilmente vuoti e esiziali. Non aiuta di certo la causa nemmeno un comporto attoriale a dir poco deludente, cominciando da Bradley Cooper, pompato per l’occasione (l’attore si è preparato per il ruolo mettendo su quasi venti chili di muscoli) ma inadeguato e visibilmente spaesato nei panni di un uomo brutale e solitario, inadatto alla vita e a proprio agio solo in un contesto bellico.
di Marco Valerio per Oggialcinema.net