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Era il 1952.
“Più veloce di una pallottola!” Esordiva la voce baritonale fuoricampo, con un adagio diventato un mantra emozionale per milioni di piccoli spettatori nell’America di quegli anni: “Più forte di una locomotiva! Capace di saltare grattacieli con un solo balzo!”
“Guardate! Lassù nel Cielo!” gridava la donna, puntando un dito fremente in alto.
“E’ un uccello!” Interveniva un’altra signora altrettanto sorpresa.
“E’ un aereo!” Tagliava corto un uomo incredulo.
“E’ un Superman!” Suggeriva la folla sognante.
“Sì, è Superman!” Confermava con tono solenne la voce del narratore, Bill Kennedy.
Quell’asserzione – accompagnata dal motivo musicale di Leonard Klatzkin - non era solo la felice formula d’esordio di uno show, “The Adventures of Superman”, destinato a fare epoca, ma condensava l’immaginario di un’intera nazione e del suo eroe: “…Superman… che può modificare il corso dei fiumi. Che può piegare l’acciaio con le sue mani possenti. E che, sotto le mentite spoglie di Clark Kent, reporter di un grande quotidiano metropolitano, porta avanti una lotta senza fine in nome della verità, della giustizia e dell’American way.”
Dalla vignetta al tubo catodico
Da un punto di vista drammaturgico, la sigla introduttiva comune ad ogni episodio aveva il merito di fornire in poche battute allo spettatore – qualsiasi spettatore – le informazioni essenziali per comprendere il personaggio e il suo mondo, anche senza conoscerne le vicende a fumetti. In questo senso, lo show tv riprendeva stilemi già utilizzati nelle fortunate trasposizioni a cartoon dei Fratelli Fleisher e nel serial radiofonico degli anni Quaranta. E, come per i due felici precedenti, la fortuna del telefilm non si sarebbe limitata a ribadire le caratteristiche del fumetto, ma le avrebbe arricchite.
Se, nei primi fumetti di Shuster e Siegel, l’eroe si limitava ad esempio a compiere balzi prodigiosi, furono i cartoon a dare forma “plastica” alla sua capacità di volare. Così come fu grazie alla radio che alcune formule esornative quali: “It’s a bird! It’s a plane! It’s a Superman!” divennero un biglietto da visita dell’eroe. La tv avrebbe arricchito il mito dell’Uomo d’acciaio di ulteriori valenze, fornendogli una presenza fisica credibile per una vastissima platea.
Dare corpo al mito
Cosa intendiamo qui per “presenza fisica”?
Ovviamente la figura di Superman aveva già una sua iconica riconoscibilità sulla pagina disegnata, grazie al lavoro di Shuster e dei
suoi epigoni. Ma la telecamera sublimava su un piano “tridimensionale” quello che la matita poteva solo suggerire. E la presenza scenica dell’attore George Reeves sul piccolo schermo, così come sarebbe accaduto vent’anni più tardi a Christopher Reeve nel cinema, diventava un “effetto speciale” del fumetto. “The Adventures of Superman” innescava un cortocircuito tipico dell’eroe seriale nell’epoca della sua riproducibilità multimediale: è il corpo dell’attore, scelto proprio per la sua somiglianza, a (ri)specchiar i disegni o sono i disegni che rinviano alle proporzioni dell’attore?
Anno dopo anno – lo show proseguì con un successo crescente per 104 episodi dal 1952 al 1958 – diventò sempre più difficile per lo spettatore/lettore definire un confine rigido tra fumetto e televisione, in particolare a partire dal 1954, quando il serial venne realizzato a colori e il costume del Superman televisivo assunse anche le qualità cromatiche – il mitico rosso e blu – fino ad allora esclusiva del comic book.
La totale saldatura della fisicità rappresentata sul piccolo schermo da Reeves con la matrice d’origine dei comics ha imposto nel tempo l’effige dell’attore come canonica nel pantheon iconografico dell’Uomo d’Acciaio, tanto che – ancora negli anni Ottanta – quando il cartoonist John Byrne mise mano alla rifondazione sistematica del Superman a fumetti, riprese le fattezze della star nelle sembianze del personaggio disegnato.
A misura di spettatore
La pura iconografia non basta a spiegare la pervasività del “modello Reeves” nel tempo che va ricompresa nella capacità più ampia di “Adventures of Superman”, come prodotto televisivo, di allineare la fabula fumettistica di Siegel e Shuster rispetto alle attese del pubblico dell’epoca.
Grazie a effetti speciali, che oggi ci sembrano antidiluviani ma che all’epoca vantavano comunque una loro efficacia visiva, Superman-Reeves era certo in grado di volare e compiere altre meraviglie. Il “sense of wonder” del fumetto faceva parte integrante dello show. Al tempo stesso, gli scrittori della serie erano consapevoli che i limiti tecnologici e di budget non consentivano ad “Adventures of Superman” di replicare per intero il fascino fantastico della pagina disegnata. Per incollare lo spettatore davanti al piccolo schermo serviva anche altro.
Un eroe americano
Da qui la scelta di calare l’eroe in un contesto più realistico, costruendogli intorno un vissuto quotidiano in cui lo spettatore potesse riconoscersi. Messi da parte scienziati pazzi e bizzarri supercattivi, Superman-Reeves si ritrova a fare i conti con delinquenti ordinari: gangster, rapinatori di banca e malviventi di strada. Avversari “terra terra” che si sgominano più con i bicipiti e i pugni che con i “raggi X”. Il Superman televisivo si (di)mostra un abile saltimbanco-boxeur che affronta le sfide della criminalità organizzata, così come farebbe un agente del FBI. Per la maggior parte della storia, poi, in scena vediamo agire il reporter Clark Kent, ora indagando in inchieste dal sapore hardboiled, ora flirtando con Lois Lane in un clima da commedia brillante.
Hollywood Kryptonite
Lo stesso George Reeves, ci dicono i biografi, sentiva in maniera profonda la responsabilità del ruolo, tanto da considerare il costume con la “S”, quasi al pari di Clark Kent, una seconda pelle. Qualche anno fa, un bel film – Hollywoodland – ha raccontato questo curioso di processo di osmosi tra l’attore e il personaggio, sfociato in tragedia umana, allorché nel 1959 Reeves fu trovato morto suicida in circostanze mai del tutto chiarite. Una storia amara che ha alimentato molta “Hollywood Kryptonite”, per usare il titolo di un libro d’inchiesta dedicato allo sfortunato destino dell’attore, ma che non intacca il ricordo di una serie comunque di successo nella storia della televisione americana.
Per quel che riguarda la mitografia dell’Uomo di Krypton, “Adventures of Superman” ha rappresentato un significativo salto di qualità nel consolidamento dell’eroe nell’immaginario collettivo. Non è un caso che due dei più longevi artefici delle fortune fumettistiche di Superman – il direttore editoriale della DC comics, Whitney Ellsworth, e il curatore delle testate, Mort Weisinger – li ritroviamo anche nei credits dello show televisivo, in qualità di producer e di story editor. In controluce, nel passaggio dell’Uomo d’Acciaio dalla vignetta al piccolo schermo, si possono leggere le dinamiche complesse del media system americano in quegli anni, così sintetizzate dallo studioso Sergio Brancato:
“I comics, come gli altri media di questo insieme, si strutturano non definendo uno specifico linguaggio ma, al contrario, interagendo costantemente ed organicamente con gli altri linguaggi.”
Bibliografia minima
Sergio Brancato, Fumetti.Guida ai comics nel sistema dei media, Roma, Datanews, 2000
Gary Grossman, Superman: Serial to Cereal, Popular Library, 1977
Rafael Daloi, Grandes series de tv: superhéeroes, Buenos Aires, Zuk Editorial, 2007
Sam Kashner & Nancy Schoenberger, Hollywood Kryptonite, St. Martin’s Mass Market Paper, 1996
Videografia minima
“Adventures of Superman” – The Complete First Season (2005 edition) – Warner Home Video
“Hollywoodland” – DVD Widescreen Edition (2007) – Universal studios
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