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Amianto e Guardia di Finanza: un intervento di Lorenzo Lorusso

Creato il 27 dicembre 2012 da Gaetano61

"Gli interessi economici e di bottega preferiamo lasciarli ad altri, noi - "Finanzieri Esposti all'Amianto" - abbiamo iniziato questa difficile battaglia per la salute, consapevoli degli ostacoli che avremmo trovato sul nostro percorso, ma con il preciso intento di non mollare mai, anche di fronte ad un ipotizzabile ostruzionismo posto in essere da qualche ente preposto. Chiediamo solo giustizia e poco ci importa degli ottanta euro circa mensili di integrazione pensionistica o stipendiale che avremmo nelle buste paga in caso di riconoscimento del diritto. Con questa elemosina la nostra vita e soprattutto la nostra salute non cambierebbero, abbiamo e stiamo rischiando la vita per uno Stato che fa difficoltà ad ammettere i propri ritardi nel prevenire gravi malattie tumorali legate all'esposizione. E' una lotta che stiamo facendo per i nostri colleghi, quelli che non ci sono più, quelli che sono morti per mesotelioma della pleura dopo una luna agonia e per quelli che - secondo quanto previsto da insigni studiosi del problema - si ammaleranno nei prossimi anni."

Così inizia un comunicato stampa di Lorenzo Lorusso, dei "Finanzieri Esposti all'Amianto", già ripreso dal periodico triestino La Voce di Trieste.

Lorusso ripercorre le vicende (riportate su questo blog, rintracciabili cliccando sull'etichetta "amianto"), che testimoniano dei ritardi dei Comandi delle Fiamme Gialle nel realizzare le bonifiche dei propri siti, e dei ripetuti rifiuti, a seguito delle richieste dei finanzieri interessati, di produzione della documentazione necessaria per ottenere il riconoscimento dei benefici di legge. A riguardo proprio di queste istanze, veniamo informati che soltanto in due casi la Guardia di Finanza di Trieste ha accolto la richiesta, "un dato sconcertante ed anche discriminatorio - afferma Lorusso - se si pensa che i due [...] che hanno ottenuto il curriculum non vivevano da soli nelle caserme e non erano certamente gli unici ad andare a lavorare in luoghi malsani e palesemente inquinati dalle fibre di eternit". Con riferimento alla situazione del porto di Trieste, Lorusso ricorda che "su una scala da 0 a 5, [il sito ndr] viene classificato 3, cioè di importanza nazionale ed istituzionale. [...] Fino al 1992 (anno di messa al bando del minerale killer) per il porto transitava amianto, molto spesso friabile, in sacchi, anche non contraddistinto da particolare segnaletica di pericolo. Quei sacchi venivano aperti dai lavoratori portuali, ma quasi sempre i finanzieri ci mettevano le mani dentro per ottemperare alle consegne di servizio [...] per il riscontro delle merci doganali in transito". "Non ci risulta - continua Lorusso - sia mai stato avvisato alcun dipendente dei pericoli che stava correndo", mentre la Guardia di Finanza "dedicava le ore di istruzione settimanale alle solite banalità riguardanti il decoro della divisa ed a come [...] sarebbe dovuto avvenire il taglio dei capelli del perfetto militare da cartolina. Nessuno ha mai visto mascherine o guanti protettivi per evitare il contatto diretto con l'amianto, i controlli avvenivano a mani nude e con un respiro a pieni polmoni".

Proseguendo nel suo articolo, Lorusso ricorda il caso della "causa pilota" intentata da un graduato di fronte alla Corte dei Conti del Friuli Venezia Giulia, per il riconoscimento dei benefici previsti dalla legge n. 257/1992 ("Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto"). L'istituzione che è stata più restia a trasmettere copia degli atti disponibili ai sensi della legge sulla trasparenza (n. 241/1990), è stata la Guardia di Finanza: "se si fosse partiti da loro - afferma Lorusso - difficilmente si sarebbe potuto risalire ai fatti ed iniziare una causa". La discussione della causa di fronte ai giudici contabili, "ha visto sfilare alcuni testimoni che [...] hanno rimarcato alcuni aspetti da noi - dice Lorusso - ritenuti importanti, ma che in sentenza non sono stati considerati, tra questi il numero dei morti per mesotelioma della pleura tra il personale della Guardia di Finanza ed il numero elevato degli iscritti nell'elenco degli esposti". Ma il fatto più eclatante della vicenda processuale, è stato l'errore nel computo di alcuni anni di esposizione all'amianto del ricorrente, dimenticanza, che, per Lorusso, avrebbe "modificato l'esito della sentenza".

Lorusso ricorda poi la consegna di un dossier "amianto-Gdf" nelle mani del ministro dell'Ambiente, Clini, e del sindaco di Trieste, Cosolini, a margine di un convegno tenutosi nel capolugo giuliano nel maggio di quest'anno. Lorusso ci dà la notizia che, qualche tempo dopo la consegna del dossier, ha potuto incontrare, insieme con il prof. Marino Valle (ingegnere e consulente del Movimento dei Finanzieri democratici) l'assessore all'Ambiente del Comune di Trieste, Umberto Laureni (analoga richiesta d'incontro con altre autorità quali il comandante Regionale della Gdf ed il Prefetto di Trieste sono andate a vuoto). L'assessore Laureni, informa Lorusso, è un profondo conoscitore delle bonifiche eseguite negli uffici pubblici del capoluogo regionale, poiché in passato ha ricoperto l'incarico di responsabile tecnico-ambientale della Medicina del Lavoro dell'Asl giuliana. "L'incontro è stato cordiale - scrive Lorusso - ma abbiamo subito messo in luce che alcune sue direttive dell'epoca [quando era dirigente dell'Asl, ndr] sarebbero state disattese, visto che lui stesso consigliava di effettuare le bonifiche in assenza di personale, ma questo non pare essere avvenuto". "Abbiamo altresì puntualizzato - prosegue Lorusso - che la Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 25 gennaio 2011 [...] abbassa la soglia di pericolosità per la quale diventa obbligatoria la sorveglianza sanitaria al livello 0.01 F.L., mentre al graduato della Gdf che si è rivolto alla Corte dei Conti [per ottenere i benefici previsti dalla legge, ndr] è stata riconosciuta un'esposizione di 0,013 F.L., evidentemente superiore". Lorusso evidenzia anche un fatto che fa venire alla memoria casi analoghi riportati dalle cronache: "nell'elenco regionale degli esposti all'amianto, vi è anche la consorte di un sottufficiale della Guardia di Finanza [...]. La donna lavava a mano le divise del marito che erano inquinate dalla polvere di amianto, questo vuol dire che il livello delle fibre killer disperse nell'aria in alcune caserme [...] è, sia pure in linea teorica, nettamente superiore a quello dichiarato nella perizia del Consulente Tecnico nominato dal giudice. A sostegno di questa tesi c'è anche la dichiarazione scritta del sottufficiale responsabile della caldaia di aerazione della caserma di Passeggio S.Andrea [a Trieste, ndr] (proprio quella in cui presta servizio il generale che non si è degnato di rispondere alla nostra lettera): il brigadiere-caldaista, oltre ad avere confermato la presenza di amianto friabile nella zona caldaia, ha riferito della sua dispersione nell'aria, avvenuta tramite i condotti, in un tempo relativamente recente, quasi certamente anche dopo la legge 257/1992. Infatti. altre caserme del Corpo della Regione Friuli Venezia Giulia sono state bonificate solo tra il 2008 e il 2010, ovvero solo dopo che sono partiti i primi esposti alla Procura della Repubblica inviati da chi aveva un'esposizione all'amianto che, forse, si sarebbe potuto evitare se solo si fosse intervenuti prima".

Non appena sarà caduto il segreto istruttorio e altri fatti potranno essere divulgati, Lorusso promette altre notizie sui casi dei finanzieri esposti all'amianto.


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