Se ci soffermiamo sulla realtà, senza doverci per forza lasciarci coinvolgere dalle previsioni astrali, quanto sta avvenendo in Libia fa spavento e non dobbiamo illuderci che la rivoluzione sia necessariamente per la democrazia, né che le rivoluzioni popolari, per quanto giuste d'innanzi a sanguinari dittatori, portino necessariamente a qualcosa di buono. Diciamocelo, le rivoluzioni esaltano l'animo della gente ma alla fine il risultato è sempre stato pessimo. Prendiamo le più famose? Quella americana: chiedete ai pellerossa se ne trovate uno. Loro stavano bene prima che gli americani si rivoltassero ai padroni inglesi. Poi cominciò la storia degli Stati Uniti e il genocidio dei nativi. Quella francese? Ha partorito Napoleone, grande condottiero, despota invasore guerrafondaio pluriomicida. Quella d'Ottobre? Giuseppe Stalin, detto lo "zio" solo da chi non ha vissuto in quel preciso momento in quel preciso paese. E allora che succede? E' sotto gli occhi di tutti, il problema è cosa succederà poi, perché questa gente è a due bracciate di stile libero da noi è un qualche governo in stile iraniano non sarebbe né simpatico né utile alla stabilità del Mediterraneo e del mondo tutto. E nessuno di noi può escludere che non vada a finire così.
Ogni due o tre anni ci svegliamo e ci ricordiamo cosa siano i diritti umani, la democrazia, la dignità. Ci svegliamo e ci accorgiamo di non sapere un cazzo dell'islam né di chi vive di fianco a noi. Ci svegliamo e ci accorgiamo che la bambagia non è esportabile, così come la democrazia. Ci svegliamo e ci ricordiamo che il mondo non è libero. Nel massacro di quello psicopatico di Gheddafi non si non può fare il tifo per un popolo oppresso dal 1969, comunque vadano a finire le cose è dalla loro parte che si deve stare. E mentre ci si rende conto che due o tre anni son passati, non è tanto l'entourage femminile presentato dall'Italia all'ultimo incontro con il massacratore di Tripoli quello che pensi, quel mitico meeting organizzato in onore del gas e degli accordi bilaterali e dell'amicizia tra un padrone e un dittatore, ma pensi a quei nomi che uno strano problema tecnico tiene fuori dalla porta di Milano Affari per un giorno intero. Eni, Federmeccanica, Fiat, Juventus (va be'...), Unicredit, Impregilo... gli amici degli amici, gli affaristi, quelli che "oggi chiudiamo se no finiamo insieme al regime di Gheddafi": in cinque secondi. Quelli che le nostre vite sono legate a un indice mentre il mondo si volta dall'altra parte. Se qualcuno si ribella, se qualcuno è troppo schiavo anche solo per dire un ultimo "sì", possiamo tralasciare per un attimo quel che sarà domani e sperare che qualcosa cambi davvero. Anche in Italia.
L'Italia nel mondo, l'occidente nel mondo globale. Ogni due o tre anni ci svegliamo e ci ricordiamo chi sono gli amici degli amici. Gli amici miei per interposta persona.