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Amira intervista Amira

Creato il 03 marzo 2011 da Ilbicchierediverso

 

Amira intervista Amira
Amira Munteanu è una donna che si bagna completamente dell’arte che produce e crea. Visionaria, eccessiva, parossistica è un’incarnazione creativa che non riesce a discostarsi da quello che è il misticismo più intellegibile e la realtà posseduta da questo.

Abbiamo lasciato che Amira intervistasse Amira e questa è l’intervista alchemica che ne è uscita ...

Buona scelta

IBD

Negli ultimi 2-3 anni la tua arte ha preso un’ altra direzione rispetto a prima:  da una pittura pop sei passata ad una ricerca neo-concettuale. Come mai questo cambiamento?

Formalmente si, la mia arte ha cambiato veste, ma solo formalmente, perché analizzandola  più profondamente, sia prima che ora, alla base c’e sempre una ricerca concettuale. Anche se veniva materializzata nella pittura piuttosto che in altre forme ‘’contemporanee’’come foto, video o installazioni.

Chi è adesso Amira la Vampira? Non esiste più?

(sorridendo) Associare il lavoro artistico alla propria immagine è un’operazione rischiosa che richiede un impegno constante e a lungo andare annoia o rischia di diventare autoreferenziale. Il lavoro sul vampiro era una ricerca sul mio folklore, io sono nata proprio in Transilvania, era ovvio che solo io potevo fare quel lavoro, ho giocato con ironia e autoironia,  essendo una ricerca  su un mito  che conosco  meglio di chiunque altro. Ora ho cambiato mito e ho dato via libera anche ad altri mezzi espressivi , a linguaggi che comunque conoscevo ma che prima usavo di meno.

Quali sono i miti sui quali lavori oggi?

Oggi, come prima, lavoro sui simboli, individuali e contenuti. Il vampiro ha un sacco di simbologie correlate , ma come lui, anche altri argomenti più vicini alle filosofie mistiche sono  altrettanto piene di mistero e simbologie.

Il mio lavoro scava nelle origini, parte della Bibbia, Vecchio e Nuovo Testamento, e spazia tra Mitologia, Antropologia,Psicanalisi, toccando quasi tutte le discipline mistiche come anche l’ Alchimia e la Cabbala. Lo faccio in modo non didattico, ma puramente interpretativo, cercando di dare una nuova faccia , più contemporanea a quello che risiede dentro la Storia del Umanità.  Lavoro su argomenti biblici, come nel caso del progetto ‘’Cibo dell’anima’’ sul destino del corpo di Cristo, progetto complesso che contiene video, installazioni e fotografia.

Allo stesso modo le prime 4 parti di un lavoro già concluso sull’ Alchimia intitolato ‘’Alchemical Identity’’.

In diverse fase di elaborazione sono altri progetti ugualmente complessi: uno sul matriarcato ebraico ‘’Mater Mundi’’, un altro sull’evoluzione spirituale dell’uomo “Ciclus vitae”, un altro sul rapporto Uomo-Dio presente nel simbolismo ancestrale ‘’Arrogante preghiera”, un altro sulla Cabbala, sugli spazi morfici e questo è solo un assaggio della mia nuova ricerca.

Quali sono i limiti di tempo e spazio dove si svolge il tuo lavoro?

La mia arte non si svolge in un tempo o in uno spazio ben preciso. L’immaginario da me creato si allontana dalla contemporaneità, e ritrova in una realtà immaginaria perduta i suoi riferimenti storici e trascendentali,  laddove il contenuto e l’aristocrazia dell’immagine  prevale su tutto.

Credi che il pubblico è abbastanza preparato su questi argomenti per capire la tua arte?

Questo non è un mio problema, non posso sentirmi colpevole dell’ignoranza altrui su certi argomenti. Io come  tutti gli artisti  sono al servizio dell’arricchimento spirituale dell’umanità e non al servizio delle comodità conoscitive di chi non scava nel senso profondo della ricerca artistica. Cerco di dire qualcosa in più di quello che si sa, creo, quindi porto la mia cultura e la mia sensibilità a materializzarsi in qualcosa di nuovo che comunica e da un contributo alla disambiguazione di alcuni significati.

Con la mia arte quindi disambiguo i significati, inventandoli un nuovo senso mediante metafora, utilizzando degli equivalenti e degli opposti. In modo pragmatico studio un linguaggio in rapporto  all’uso di ogni elemento al punto da renderlo parlante.

L’intenzione comunicativa del mio lavoro viene recepita dall’osservatore secondo  una funzione dominante diversa per ognuno in base alla struttura dominante del proprio essere. Il messaggio penetra e induce l’osservatore in uno stadio di ambiguità inteso come pluralità di sensi: carnali e trascendentali. Ogni  immagine da me creata ha più di un significato. Chiunque tenta di leggerla deve partire da questo presupposto.

 


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