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Amma: Mata Amritanandamayi

Da Patriziayoga
Durante i mesi trascorsi a peregrinare in lungo e largo nel continente indiano, decisi che, certamente, valeva la pena recarsi a conoscere Amma, a quei tempi, 1991, si parlava ancora poco di lei.Amma: Mata Amritanandamayi

Era  giovane così quando la conobbi.

Mata Amritanandamayi è diventata famosa nel mondo per essere la Maestra (Guru) dell'abbraccio
In questo ultimo decennio, quando visita l'Europa, si formano lunghe code di persone (fino a tremila anche quattromila) che desiderano essere abbracciate da Amma ... ma,  a quel tempo, ricevetti il suo abbraccio ogni sera, nel suo piccolo ashram, ancora in costruzione, su un isolotto del Kerala.

Arrivai in Kerala viaggiando su uno qualunque degli scomodi e affollati treni indiani, provenivo da Mysore.

Prima tappa, Cochin, poi in bus fino a Kayankulam, scesi dal bus e, come sempre succedeva a noi occidentali, venii subito avvistata da solerti procacciatori di posti su vecchie jeep dell'esercito, dove i locali viaggiano appesi a grappoli un po' ovunque.

Preoccupata, prima di salire, avevo lanciato uno sguardo ai copertoni delle ruote: completamente lisci. Ma la jeep si muoveva lentamente attraverso stradine che si aprivano un varco tra palme e case palafitta. 

Ogni tanto, qualcuno scendeva, altri salivano: 12 chilometri percorsi in un'ora circa per arrivare a Vallickavu, spiaggia della laguna dove una barchetta incerta traghettò me e il mio zaino fino all'isolotto dove l'ashram, sebbene in costruzione, poteva già ospitare una cinquantina di pellegrini.

Seppi subito che Amma non c'era ma che sarebbe arrivata da lì a due giorni.
Bene, pensai, il tempo di ambientarmi e capire che aria tira.
Ero incantata dalla semplicità del luogo. 
Dormivamo in camerata e questo mi spinse presto a fare l'esperienza di andarmene a passare la notte sul terrazzo, sotto una luna piena da capogiro che dominava su un paesaggio silenzioso. 
Tutto era così immobile. 
Si percepiva appena il rumore del mare che lambiva la piccola spiaggia sottostante. 
Dalla terrazza, all'alba,  si poteva sbirciare nell'ala posta al piano terra, dove abitavano quelli che io chiamavo "i bramini di Amma": giovani uomini, tutti piuttosto attraenti (!), che avevano preso, chissà per quale motivo, la decisione di dedicare la loro vita al ritiro e alla preghiera.

Indossavano i bianchi, tradizionali dhoti, al posto dei pantaloni e grandi sciarpe di leggero cotone per coprire spalle e torace, lasciavano scoperte braccia di  lucida pelle scura tipica degli indiani del  
Kerala.

L'ashram era modesto ma pulito, il piccolo giardino, curato.

Si poteva mangiare alla mensa per gli occidentali (senza curry) ma c'era anche la possibilità di gustare ottimo cibo indiano, molto piccante, che ci veniva servito, a volontà, su foglie di banano mentre sedevamo a terra, su stuoie di cocco. 
Scelsi la mensa indiana. Quando si viaggia per molti mesi, e si passa da un treno a un bus, spesso si è costretti a mangiare frutta, o "street food" non sempre della migliore qualità. 

Da Amma, il cibo era cucinato e servito da bramini ed era squisito. 
Questi uomini dallo sguardo dolce e fermo e un gran sorriso sulle labbra, passavano, scalzi, davanti a ogni commensale con secchi di acciaio che emanavano profumi eccitanti per le papille gustative.

Nell'ashram si doveva fare un lavoro a scelta, il "seva", ovvero, servizio per la comunità.
Me ne andai in tipografia a incollar fascette di indirizzi sui notiziari dell'ashram che venivano spediti ad abbonati sparsi qua e là nei vari stati indiani.

Fu proprio uscendo dalla tipografia che il terzo giorno mi imbattei in Amma, sorridente, vestita di bianco:  mi venne incontro, mi abbracciò con molta semplicità dandomi un caloroso benvenuto.
Era circondata da un'aura di luce, questo lo ricordo bene, e non lo dimenticherò. 
Dopo il suo arrivo, ogni sera ci riunimmo nel tempio con lei che cantava i bhajans quasi come se fosse in estasi. I canti erano accompagnati da alcuni musicisti che, a quanto pare, la seguivano nei suoi spostamenti. 
Trascorrevamo molto tempo con lei, non saprei dire con esattezza ma, credo, almeno tre ore, e lei abbracciava tutti con la  stessa, immutabile espressione di gioia nel viso.
Mi piaceva Amma perché si rendeva "raggiungibile", era alla nostra portata. 
Non si avvertiva da parte di lei il minimo senso di distanza, di giudizio o superiorità.
Era proprio vero: Amma era quello che faceva "l'abbraccio".
Quando lei  decise di ripartire per visitare qualche altra città del sud, lasciai l'ashram e proseguii il mio pellegrinaggio.

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