Ieri sera, 18 febbraio, alle ore 21:00, nella splendida cornice di una stracolma sala Giovanni Agnelli, presso il Centro Congressi dell’ Unione Industriale di Torino, Retrò Online- nelle persone del sottoscritto e del redattore Ludovico Macario – ha partecipato alla presentazione del l’ultimo chiacchierato libro di Alan Friedman: Ammazziamo il gattopardo.
Ad intervistare e moderare l’esuberante inviato del “Financial Times” un inedito Sergio Chiamparino, candidato del cento-sinistra alle prossime elezioni regionali del Piemonte. I ruoli si sono così invertiti e il pubblico ha potuto godere fino in fondo di uno spettacolo quantomeno inusuale.
Friedman, sicuramente americano nel parlare (sembra Stanlio) e nel ragionare, ma certamente meno nello spirito, è ormai emotivamente coinvolto, come egli stesso ha ammesso, dal nostro Paese; qui vive da vent’anni e qui ha incontrato sua moglie. La sua ultima fatica letteraria, dal titolo sicuramente catartico, è una lettera d’amore all’Italia, il suo Paese d’adozione.
Ma iniziamo dalle rivelazioni tanto discusse dalla stampa a riguardo delle dimissioni del governo Berlusconi nel Novembre 2011. Quello che più sta a cuore a Friedman è precisare quanto egli non abbia mai parlato di “complotto” ai danni di Berlusconi e non abbia mai giudicato il presidente Napolitano alle prese allora con l’affair Monti. Il compito di un bravo giornalista è raccontare, scoprire, indagare, lasciando ai propri lettori la libertà di trarre le proprie considerazioni. Così, allo stesso modo, smentisce che l’uscita del libro sia stata studiata ad orologeria per affossare il governo Letta, così come lo stesso ex presidente Letta sosteneva. “Gli italiani vedono complotti ovunque, ma nel mio caso sono solo coincidenze”, si affretta a spiegare sornione Friedman. Imparando da un grande maestro, lascio a voi stabilire a chi credere.
Il giornalista italianizzato passa in rassegna le interviste principali che ha realizzato per la stesura del proprio libro. Da De Benedetti, a Monti, passando per Prodi. Con loro ha discusso dei problemi e delle prospettive di questo nostro strano Paese, fino a scoprire, quasi an passant, che, almeno dall’estate del 2011, Napolitano, suffragato dalle consorterie europee, quanto meno iniziasse a pensare a Mario Monti quale degno sostituto di un Berlusconi in crisi di credibilità. All’affermazione antipopulista di Chiamparino in sostegno del Presidente, apprezzata dalla platea: “ Napolitano ha agito nell’esclusivo interresse del Paese, adempiendo fino in fondo al suo ruolo istituzionale, in un momento di grandissima crisi”, Friedman replica beffardo: “C’è solo un’incongruenza: Napolitano ha sostenuto in Europa di aver scelto Monti solo dopo le consultazioni di Novembre, cosi come si conviene.” Come si spiegherebbe allora la nomina di senatore a vita del professore prima dell’incarico?
L’oggetto del dibattito si sposta poi sul governo Letta e su quanto questo sia stato, ancora più ingiustificabilmente del governo Monti, mancandone qui la necessità, dal momento che il Paese era ormai lontano dall’orlo del baratro, il governo del Presidente. In questo caso, più unico che raro, Friedman si tradisce e giudica negativamente l’operato di Napolitano in questo versante.
L’ultima parte del colloquio si concentra sulle vicende di strettissima attualità: l’Italia è un Paese di grandi potenzialità, purtroppo impaludato, anzi impantanato, come suggerisce Chiamparino. L’endorsement di Friedman nei confronti di Renzi è forte: “ Gli italiani devono capire che è lui la vostra last chance. Da complici o vittime del sistema, dovete diventarne degli scardinatori. E Renzi deve cercare di essere il catalizzatore di questa impresa.”.
Per il giornalista, Renzi rispetterà necessariamente quanto promesso e cambierà verso al Paese, ma come Chiamparino sa bene, i giornalisti “la fanno facile ad ammazzare il gattopardo”.