Quando affermano che Santoro e Floris sono voci libere, mi domando su che basi fanno questa valutazione, rapportandola poi con quelle di altri giornalisti come Feltri, oppure Sallusti, o ancora Belpietro, Minzolini, Vespa o Ferrara. I quali hanno dalla loro la stradannata colpa (perché ormai è una colpa) di lavorare per giornali e reti private, che in un modo o nell’altro fanno capo alle proprietà berlusconiane, oppure nonostante lavorino per altre proprietà o addirittura Mamma Rai, sono comunque asserviti al Premier. Da qui, la suddivisione dei giornalisti italiani in due macro-categorie: i liberi e i berlusconiani.
I «liberi» sono quei giornalisti che possono pure raccontare balle grosse come case, ma che, non essendo berlusconiani, dicono la verità per definizione. Il loro merito maggiore è appunto quello di avversare Berlusconi, e per questo hanno ricevuto la patente di bocche della verità e l’oscar dei coraggiosi. Magari ti presentano una patacca, ma siccome la presentano in funzione antiberlusconiana, ecco che la patacca corrisponde alla realtà dei fatti e solo a quella. Se per caso ti dicono che l’euro di cioccolato è un euro vero, lo è davvero e tu devi crederci, perché lo asseriscono loro che sono antiberlusconiani. E guai a dire che dicono «farloccate», altrimenti ti tacciano di berlusconismo. Insomma, la loro «libertà» assume il forte sapore della fede.
I «berlusconiani» sono invece coloro che – sfigati – possono anche gridare al vento e nel deserto come fossero i più onesti delle Cassandre, possono dire che il cielo è azzurro e il sole è una stella, che essendo purtroppo berlusconiani, dicono balle per definizione. Peggio: dicono balle a pagamento. Perché è questo il punto dolente dei cosiddetti «berlusconiani»: siccome sono pagati da reti e giornali che fanno capo alle proprietà del Premier (seppure non da lui controllate), oppure in un modo o nell’altro ne sostengono il pensiero politico, devono per forza dire e pensare cose a pagamento, come se non esistessero in questo dannato paese professionisti dell’opinione che la pensano esattamente come Berlusconi senza avere con lui alcun rapporto di «sudditanza ideale». Anche perché diciamocela tutta: questi professionisti non di sinistra, e dunque non omologati, dove potrebbero mai esprimere le loro opinioni, se non ci fosse chi garantisce loro adeguati spazi e mezzi fuori dalle redazioni conformizzate? Magari su L’Unità? Su Repubblica? Su Il Corriere o su Il Fatto? O magari ad Annozero o Ballarò?
Tornando comunque alle amministrative e alla par condicio, è chiaro che questa sia necessaria anche nei programmi di approfondimento, seppure non con le stesse regole previste per le Tribune Politiche. Non credo infatti che questa sia la soluzione migliore per garantire il pluralismo durante la campagna elettorale. Ci vuole piuttosto uno stemperamento delle posizioni ideologiche (più volte espresse in programmi come Annozero e Ballarò), magari cercando di garantire la presenza effettiva (e non solo apparente) di tutte le opinioni in gioco. Diversamente il programma si trasforma nell’ennesimo spot a favore di una parte politica a danno dell’altra. Seppure è bene ricordare che sono programmi come Annozero e Ballarò i migliori sponsor di Berlusconi e del PDL, perché certificano ogni volta che il Premier ha ragione a lagnarsi di quanto la Tv pubblica sia faziosa e occupata da un unico pensiero politico: quello della sinistra. In questo senso, Minzolini, Ferrara e Paragone sono solo delle piccole oasi informative nel deserto mortale del post-marxismo che soffoca – ahinoi! – l’informazione della Tv di Stato…
Autore: Il Jester » Articoli 1379 | Commenti: 2235
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Tags: amministrative, Annozero, ballarò, elezioni amministrative, par condicio, RAI, tv Potrebbero interessarti anche: