Mi ero perso l’uscita del nuovo album dei Luca Turilli’s Rhapsody, che è uscito a giugno, ma noi comunque ne parliamo ora perché so che tanto ci volete bene lo stesso. Prometheus (Symphonia Ignis Divinus) è esattamente il tipo di disco che ci si aspettava dal Turillone nazionale, e che di sicuro si sperava facesse, con tutte le caratteristiche tipiche che qui ora enunceremo:
- Copertina improbabile con un gusto estetico mutuato da quelle magliette Alchemy con lupi, corvi, capi indiani, angeli con spade fiammeggianti e un paio di lune piene che andavano di moda negli anni novanta e che solitamente erano abbinate a bandane e gilè di jeans con la toppa di Gli Spari Sopra di Vasco sulla schiena.
- Titoli tonitruanti in 37 lingue diverse, da pronunciare con accompagnamento di trombetta da bersagliere, ispirati ad altrettanti riferimenti/situazioni/mitologie opportunamente abbinati con la stessa sobrietà e pertinenza delle magliette Alchemy di cui sopra. Nello specifico l’intro si chiama Nova Genesis (Ad Splendorem Angeli Triumphantis) e l’opener Il Cigno Nero, per poi passare attraverso riferimenti a re Salomone, il pantheon vichingo, la mitologia indù, i Rosacroce, l’Arcangelo Gabriele e Tolkien. La ballata si chiama Notturno, tanto per mantenere il profilo basso.
- Produzione della madonna e arrangiamenti curati in modo così maniacale da far sospettare che il Turilli, per far uscire un disco ogni due-tre anni, non dorma la notte e salti i pasti solo per pensare agli arrangiamenti così da arrivare poi alla registrazione talmente strafatto di taurina da riuscire a sparare quegli assoli velocissimi che sono un altro trademark del nostro più grande idolo di tutti i tempi.
- Stile musicale di base ovviamente rhapsodiano ma semplificato e maggiormente incentrato sulle melodie, quelle immortali melodie turilliane che dai tempi di FOR THE KING FOR THE LAND FOR THE MOUNTAINS riescono a fare scattare i pugni in aria più di un gol della nostra squadra preferita o di un discorso di Lenin in Piazza Rossa nel 1922. Una quantità strabordante di cori e voci operatiche che fanno OH OH OH! OH OH OH!, doppio pedale a tremila, un ritmo da tarantella ogni tanto, maialini allo spiedo, l’odore di diavolina e frasche umide, due passaggi a pallone mentre si cuoce la salsiccia, i cambi di tempo durante gli assoli, le bestemmie forti quando arriva un momento di particolare esaltazione, eccetera.
Purtroppo Prometheus non è bello come il precedente Ascending To Infinity, più che altro perché manca di pezzi più immediati da cantare sotto alla doccia (io ancora non riesco a togliermi dalla testa il DARK MANTIS! DARK FATE OF ATLANTIS! di quel disco). Si difende comunque benissimo ed è come al solito consigliatissimo per chi non è mai riuscito a fare a meno di amare Turillone nostro per tutti i motivi enunciati sopra. Al minuto 3.46 di Anahata sembra che dica “ammirate i maschioni del gruppo”. Direi di darci appuntamento tutti al prossimo concerto dei Rhapsody, da sempre il miglior antidepressivo del mondo. (Roberto ‘Trainspotting’ Bargone)