Wikileaks fa proseliti, in Nord Africa. In Egitto la pagina Facebook Amn Dawla Leaks (cioè fuga di notizie dalla Sicurezza dello Stato) sta svelando la macchina della repressione messa in anno nei lunghi anni del regime di Mubarak. Gli occhiuti servizi di sicurezza sorvegliavano tutto. Torturavano gli oppositori, controllavano la minoranza cristiana del paese, erano in possesso degli account Skype dei cittadini in odore di dissenso, monitoravano minuziosamente internet, intercettavano le telefonate. Tutto per impedire la rivolta popolare che poi è esplosa.
Amn Dawla Leaks
La pagina Facebook propone i documenti trafugati sabato scorso dai manifestanti che hanno fatto irruzione nella sede centrale del Ministero dell’interno. Il riferimento a Wikileaks non è casuale, fin dal logo della pagina, che mette insieme la clessidra e un cero acceso, metaforica luce di verità. In meno di tre giorni, più di quattordicimila utenti hanno cliccato su “mi piace”.
Uno dei documenti trafugati e messi in rete
I promotori di Amn Dawla Leaks rischiano grosso. Facebook potrebbe essere costretta, dalle nuove autorità egiziane, a svelare i loro nomi. Anzi, è già strano che FB non abbia ancora cancellato la pagina.
Fonti: Facebook, Le Monde