Passeggiavo sulla riva del fiume domenica, un'assolata e bucolica domenica che lascia il passo ad una primavera in orario perfetto.
Stare sola coi pensieri a mezz'asta, che frullano senza confondere, senza i disturbi tipicamente molesti della solitudine indotta, ma con la gioia che da quella che ti scegli. R-Dog è il compagno perfetto, mi impegna ad essere vigile nei confronti del mondo, perché debbo proteggerlo, così mi rendo conto di ciò che mi attraversa ed accompagna. C'è una ragazzina sulla bicicletta, 8/9 anni, vestitino lilla, fiocco tra i capelli lunghi color ebano, occhi a mandorla e carnagione d'oriente, "Amore, aspetta la mamma" le urla una signora appena dietro. Non hanno gli stessi occhi, non vengono dalla stessa porzione di mondo, ma sono madre e figlia lo stesso. Sto tanto pensando a questo. Al decidere di diventare madre oltre la gravidanza, accettando di partorire un individuo ben oltre i nove mesi, e scegliendo che le nostre pelli non abbiano lo stesso background genetico. Ci penso tanto. Sono una che ha detto "mai", in passato, gelosa di un'unicità egoistica e, francamente, piuttosto ridicola. L'amore che ho voglia di dare a qualcuno che oggi non c'è, e che porterà avanti la mia storia con le sue scelte e la sua personalità, oggi non mi sembra più un mero egoistico ed unidirezionale, atto di consecuzione di geni miei e di brivido, ma più un gesto d'amore scelto con l'anima e partorito con la testa, che, se avrò il coraggio di compiere, mi ripagherà più di qualsiasi ovulo fecondato. Perché c'è di certo che non avrà gli occhi miei o di Brivido, ma so che guarderemo tutti insieme nella medesima direzione. Ed io penso.