FOLLIA, Patrick McGrath
Bellissima storia.
All’inizio il titolo sembra scontato, in quanto la vicenda ruota attorno ad un manicomio criminale inglese. Ma subito emergono i sintomi di una realtà alternativa quando Stella, la moglie del vicedirettore, inizia una relazione con Edgar, un artista internato.
La voce narrante è di Peter, collega del marito di Stella, che parla a fatti compiuti. Quando racconta dell’insana passione della donna per Edgar, è chiaro che ne parla alla luce clinica: Stella è folle perché ha messo in pericolo la stabilità di una famiglia e di un decoro borghese per correre dietro ad uno scultore pazzo.
Eppure durante la lettura ci si rende conto che forse la folle non è Stella. Sì, è vero, ha abbandonato il marito e il figlio, è andata ad abitare in uno squallido sottotetto con l’amante, si è imbruttita, si è data all’alcool ed è arrivata al limite estremo di quella che può essere la più tragica esperienza per una madre.
Ma, credetemi, la pazza non è lei. O non solo.
Quando ha incontrato Edgar le si sono solo risvegliati istinti ed emozioni atavici che col marito Max non sapeva di avere. Abituata all’asetticità dell’ambiente non sapeva neanche lei com’era in realtà, figuriamoci se poteva farlo qualcuno per lei:
“Tutto l’acume, tutta l’esperienza psichiatrica di Max non potevano perforare il suo scudo femminile”.
Peter stesso racconta la storia di Stella senza averla capita. Arriva al punto di chiederle di sposarla, senza aver intuito, se non negli ultimi inutili istanti, che lei ed Edgar sono ancora innamorati l’uno dell’altra.
Bisogna arrivare alla fine per comprendere il livello di minaccia insito nella volontà di controllare certe emozioni con la razionalità.
Volete sapere il motivo per cui Edgar, l’amante, è stato internato? In un raptus di gelosia ha ucciso la moglie, l’ha decapitata, l’ha enucleata e ha infilato la sua testa su un paletto per provare a farne una scultura. Ma, per i più schifiltosi, tranquilli: tutto è descritto nel modo asettico che userebbe uno psichiatra, dunque niente sanguinolenze…
Stella riusciamo quasi a capirla (noi, non Peter). Dico quasi perchè ad un certo punto, da mamma, dico: “questa è una grande stronza”… ma è tutto un effetto voluto.
La pericolosità del freddo atteggiamento psichiatrico di Max e di Peter diventa accecante nell’ultima minacciosa frase. Quando Peter finisce la storia, Stella è morta. Le aveva chiesto di sposarlo senza aver la più pallida idea di cosa ne pensasse lei: ma sempre convinto di saperlo!
Ebbene, Peter non ha più la donna che voleva sposa, gli sono rimaste solo le teste artistiche e i bozzetti che ne aveva fatto Edgar. Ed ecco cosa dice Peter:
“E così, vedeter, dopotutto ho ancora la mia Stella qui con me.
E naturalmente ho lui.”
Mi fa più paura di Hannibal.