“Amorizzazioni” di Suse Vetterlein

Creato il 06 luglio 2012 da Sulromanzo

In Amorizzazioni, ci sono una crisi economica e un tentativo di rilancio dell’economia, ci sono il mondo apparentemente autentico di Alpo e un popolo (quello degli alpigiani) per nulla primitivo, c’è un amore che nasce tra l’alpigiana Maidy e l’italiano Max; e, poi, ci sono invenzioni tecnologiche improbabili, campane che suonano a tutte le ore, asini che parlano, sebbene «in linea di massima non sappiano parlare». C’è tutto questo nel romanzo di Suse Vetterlein, giornalista e traduttrice freelance (ha tradotto in tedesco opere di Valeria Parrella, Antonio Scurati, Davide Longo, Tommaso Pincio), nonché autrice di questo romanzo edito dalla siciliana VerbaVolant edizioni (2012). Un libro che, fin dalle prime pagine, assomiglia a una presa in giro, a un jeu d’esprit sulla lingua e sulle sue distorsioni (più che sulle distorsioni del mondo descritto), riproduzione mimetica di un parlato degenerato e, in fondo, assolutamente vuoto: «Tutto non bene affatto per nulla niente zero boh». Ben presto, però, la sensazione di vuoto si assottiglia e affievolisce, assecondando le vicende di un racconto che ci parla di un’economia alpigiana piagata dalla lunga serie di scioperi (degli asini, dei ruminanti, delle ortiche) che sta mettendo in ginocchio la Ciocchindustria e, quindi, l’intera comunità di Alpo. Con un linguaggio paradossale, colorato (oltre che colorito), saturo ai limiti del fosforescente, la Vetterlein conduce il lettore fin dentro la sua comunità di montagna, percorsa da mille contraddizioni apparentemente insanabili: la compresenza della tradizione e della tecnologia, delle campane e di internet, del rosso dell’uovo impiastricciato nelle barbe degli uomini e della piastra per capelli, dello jodler e di youtube. Ecco, allora, che le contraddizioni paiono toccarci più da vicino, e insieme irriderci, quando ad Alpo arriva l’invocato «missionario dello sviluppo John», un funzionario (ma si potrebbe dire un “tecnico”) mandato a risolvere la crisi economica imperante. È questa, forse, la parte più esilarante del libro, con i tentativi falliti di riportare gli alpigiani ad uno stato di autenticità che hanno irrimediabilmente perduto, la logica del back to nature, gli sforzi per disabituare un’intera comunità all’uso delle tecnologie – perlomeno durante la settimana, quando passeggiano i turisti. È proprio questo – John lo sa bene – ciò che i turisti vogliono dagli alpigiani: un mondo autentico e incontaminato, non ancora sommerso dai ritmi imposti dalla modernità, ingenuo e spontaneo, dove si canta e si lavano i panni nel lago. Tutto questo, però, non esiste e ben presto il piano di John fallisce miseramente. Nel finale, invece, pare esserci una soluzione, che consiste nella convivenza e nella collaborazione dei due aspetti; quando le mucche tornano a ruminare e gli asini a fare il loro lavoro, anche la tecnologia s’inventa qualcosa di innovativo e, insieme, “ecologico”: un’improbabile doccia Sparalatte che attira orde di turisti. Tutto questo è condito da una storia d’amore che si potrebbe dire “transalpina”, tra l’alpigiana Maidy e l’italiano Max, uniti da un sentimento sincero e profondo, che, tuttavia, non si può spiegare del tutto a parole. Sono i limiti del linguaggio, verrebbe da dire, a rendere “vuoti” i tentativi di spiegazione di un amore che c’è ed è forte e ad originare gli screzi che arrivano a mettere in discussione la relazione. Ed è questo, in fondo, il messaggio di Amorizzazioni (il titolo stesso è una parola grammaticalmente scorretta): il linguaggio non può tenere il passo a una realtà che cambia troppo velocemente.

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