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anabasi

Da Manuela
ANABASI
Camminando nei suoi calzettoni di maglia verde e gialla Michela si rimette a sedere al tavolo della cucina e finisce di bere il suo caffè, lentamente. Da seduta vede le finestre dell’appartamento di fronte e il fumo che esce dal tubo dello sfiatatoio. Non un movimento, non una persona nel piccolo giardino al rez-de-chaussée. Solo il cipresso, il nespolo e l’oleandro muovono dolcemente le fronde al vento parigino. Michela si incanta a vedere il movimento ritmico dell’andirivieni dei rami. Ora il caffè si è raffreddato. Dovrebbe alzarsi ma resta ancora seduta fissando uno spazio invisibile di fronte a sé eppure così interno. Quell’ondeggiare dei rami le fanno tornare alla mente il pettirosso visto poco prima. E il suo volo libero. E la bellezza senza fini. E l’età spensierata, e Michela bambina che salta alla corda e …si è ora scatenato in quello spazio interno un gioco di rimandi; insomma come la maddeleine di Proust. E lei sta guardando per vedere cosa succede.
Poi tutti questi rimandi, cambiano forma, consistenza. si compenetrano e si coagulano in un’immagine nuova. Ed ecco che nel suo spazio interno compare uno scatolone.
Michela allora si concentra con tutta se stessa su quello scatolone marrone raddrizzando la schiena e stringendo gli occhi a fessura per metterlo a fuoco. E ora lo vede: è stretto e alto con la scritta in pennarello nero “RICORDI DI MICHELA”.
Cazzo lo scatolone! Lo scatolone dei ricordi!
Michela fa un sobbalzo sulla sedia, una scossa elettrica la percorre tutta dalla testa ai piedi. Un onda anomala. Le sue mani iniziano a tremare leggermente, prese di sorpresa dall’eccitazione. Come ha fatto a dimenticarselo?

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