La versione online del quotidiano spagnolo “As” ha commentato così la debacle del Barcellona e di Messi.
ANALISI. “La fine di un ciclo”. Così si è presentato in edicola questa mattina “As”, quotidiano sportivo spagnolo fra i più seguiti nella terra delle Furie Rosse. Non che le altre testate siano di tutt’altro avviso, anzi, nel peggiore fra i day-after vissuti nella storia recente dei blaugrana. La notte dell’Allianz Arena è stata da incubo, una di quelle che provi a svegliarti, pensi che il brutto sogno sia finito e invece ci sei dentro come e più di prima. Un’immagine spaventosa, forse, ma è proprio ciò che il Bayern Monaco è sembrato essere ieri sera: un invicibile Nightmare.
Eppure stiamo parlando della squadra, quella catalana, unanimemente (forse con fare esorcistico) riconosciuta come la più forte del mondo, un team che con l’era Guardiola è entrato nella storia per una filosofia di gioco, un talento collettivo e individuale, un’impronta finita per essere brevettata dai più importanti organi del calcio. L’era Guardiola, appunto.
L’annata dei catalani, la prima del dopo-Pep, è stata alquanto tormentata: i problemi di salute di Abidal e Vilanova sono ferite che, con le cure a intermittenza cui i due eroi (e lo diciamo senza falsa ipocrisia) si sottopongono, fanno fatica a cicatrizzarsi, esponendo la squadra a un coivolgimento emotivo particolare, al di là delle mancanze di un importante uomo spogliatoio e di un bravo timoniere che vengono a verificarsi; dopo l’anno dei record, Leo Messi è incorso in numerosi problemi fisici che, fisiologici o meno, hanno inficiato sul suo rendimento; Puyol non ha praticamente mai trovato pace, mentre l’attacco dei “mini” non ha proprio convinto, soprattutto se chiamato a fare a meno della Pulce.
Nonostante questo quadro generale, il Barça ha di fatto già messo in cassaforte la Liga, scucendo lo scudetto dalle maglie degli eterni rivali del Real Madrid, e raggiunto le semifinali di Champions facendo fuori Milan e Psg, non proprio una formalità per una squadra considerata, appunto, a fine ciclo.
E’ per questo – e per un rispetto nei confronti di club e giocatori ancora in grado di stupire – che non ci avventuriamo in conclusioni azzardate, ma ci soffermiamo unicamente sulla debacle di ieri sera, una debacle che potrebbe, questo sì, aver significato un passaggio di consegne in campo internazionale, per tutti i motivi che sappiamo e che rendono il Bayern Monaco la nuova vera superpotenza europea, a prescindere dall’epilogo della Champions League. E’ stata una gara sofferta, troppo, praticamente non giocata, o comunque troppo poco. Cercare di capire dove finiscono i meriti dei bavaresi e dove iniziano i demeriti catalani non è facile.
Innanzitutto, togliamoci dalla testa le accuse di svogliatezza e presunzione che già dal triplice fischio dell’ungherese Kassai hanno riempito bocche e penne di tanti addetti ai lavori: lungi da noi essere presuntuosi, ci sembra questo un giudizio poco intelligente e lontano dalla realtà. Piuttosto, è innegabile che l’atteggiamento del prima, durante e dopo il dominio tedesco sia stato piatto, questo sì, con uno spartito recitato a una sola tonalità, priva di acuti che avrebbero quantomeno minato le certezze via via acquisite dal Bayern. Al Barça manca effettivamente un interprete che suoni la carica, che davanti alle palesi difficoltà regali un contagioso impeto d’orgoglio a tutta la truppa, un Vidal, per intenderci, un guerriero guarda caso cercato da mezza Europa, Bayern compreso.
Ma, a proposito di difficoltà, da dove nascono nella notte dell’Allianz tutti i problemi denotati da Villanova e i suoi ragazzi?
Sicuramente il fattore tattico è stato fondamentale. Xavi e compagni si sono trovati, come raramente accade loro, al cospetto di una compagine che di difendersi e assistere al palleggio blaugrana proprio non ne aveva intenzione. Già in termini di impostazione, quindi, il Bayern è stato un avversario che accetta di giocarsela a viso aperto, una strategia che i blaugrana non sono abituati a fronteggiare. E’ poi sulle fasce che il risultato è stato deciso: Lahm e Alaba, in supporto a Robben e Ribery hanno ripetuto l’exploit già visto contro la Juve, asfaltando le corsie laterali con continuità e precisione.
L’uomo, tuttavia, che in fase offensiva ha permesso al Bayern di mantenere sempre l’inerzia della gara a proprio favore è Thomas Mueller. A causa della sua posizione - e del suo talento, certo – il Barcellona è andato totalmente in tilt: partendo dal centro, il tedesco classe ’89 si è speso come solo lui sa fare appoggiando costantemente le sortite offensive che i padroni di casa esercitavano sulle fasce, permettendo ai bavaresi di essere costantemente in superiorità numerica, mandando subito “in riserva” il malcapitato Bartra e il nervosissimo Jordi Alba. Davanti a una simile pressione il Barça non ha potuto opporsi, non avendo in Sanchez e Pedro gli attaccanti ideali per ripiegare e trovando in Busquets l’unico “tappabuchi”. Il risultato è stato che proprio il mediano abbia presto finito la benzina e, per raddoppiare sugli esterni, il bravo Piquè sia stato chiamato agli straordinari, aprendo però falle centrali ogni volta che il “richiamo” del pericolo lo costringeva a defilarsi. Detto della fase difensiva, al Barcellona è mancato enormemente il primo vero metodo da sempre utilizzato dai blaugrana per difendere bene: attaccare.
E’ qui che la squadra di Villanova è mancata di più: impegnati a contenere le sfuriate dei panzer teutonici, i blaugrana non hanno mai avuto il modo di tessere la consueta tela per arrivare poi a rendersi pericolosi dalle parti di Neuer. Le distanze che il Bayern ha mantenuto tra i reparti per tutti i 90’ sono state perfette, con Ribery, Robben e – soprattutto Gomez – a interrompere sul nascere ogni trama offensiva, nonostante queste avessero genesi fra i piedi sopraffini di Xavi e Iniesta.
L’apporto inconsistente di Messi è stata la mazzata definitiva sulla pochezza espressa dal Barça, che con un Pedrito da sempre ottimo gregario, ma mai leader, e un Sanchez vero equivoco di mercato catalano (è palesemente un contropiedista che soffre in una squadra votata al palleggio) semplicemente non ha avuto gli interpreti giusti per contenere lo strapotere tedesco. Strapotere, peraltro, anche fisico: la truppa di Heynckes, infatti, è stata impressionante anche dal punto di vista atletico.
Con Villa e Fabregas dal primo minuto si sarebbe vista un’altra gara? Con episodi arbitrali a proprio favore il passivo sarebbe stato meno pesante? Possibile, ma non probabile. Quel che è certo è che il testimone da oggi è in mano al Bayern Monaco e per toglierglielo alle avversarie non resta che riporre le proprio speranze in un unico uomo: José Mourinho.