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Anatomia di un romanzo. I cani non leggono i romanzi, eppure molto spesso li scrivono

Creato il 06 settembre 2012 da Patriziabi (aspassotrailibri) @openars_libri

I cani non leggono i romanzi, eppure molto spesso li scrivono (dello scrittore Gianpietro Scalia)

Non accade raramente che per indicare alcune caratteristiche umane si prendano come esempio le caratteristiche del mondo animale. Per questa ragione, di una persona solitaria si suol dire che sembra un orso; di una persona superficiale che sembra un’oca; di una persona scaltra che sembra una volpe, e così via fintanto che vengono in mente dei termini di paragone.
Non ho ancora capito, peró, perchè di una persona che scrive male si debba dire che scrive come un cane. Forse che gli altri animali scrivono meglio?
Scrivere come un cane è una doppia offesa: per il cane in questione, che in realtà non ha alcuna velleità di scrivere, e per colui che scrive in maniera così dispregiativa.
E’ una introduzione probabilmente un po’ esasperata per il discorso che vorrei esporre, ma non mi è venuto in mente nient’altro per introdurre il tema dell’autopubblicazione (la parola in italiano infatti esiste, non capisco perchè continuare a ostinarsi e usare la terminologia inglese).
Non è mia intenzione scrivere a favore o contro questo tipo di pubblicazione anche se per indole ritengo che non bisognerebbe in alcun caso trovarsi nella situazione di essere contro qualcosa, che non sia la guerra, la violenza o la pena di morte.
Vorrei peró ipotizzare un discorso teorico, quasi filosofico, attraverso il quale immaginare come sarebbe possibile che da un evento (l’autopubblicazione) visto da molti come qualcosa di deleterio, possa magari nascere nel futuro qualcosa di estremamente positivo.
Ovviamente per seguire un simile discorso bisogna avere molta fantasia, e pensare che la letteratura è sofferenza.
Partiamo dalla situazione attuale, nella quale la letteratura è inglobata tutta in un unico enorme calderone. Il novanta per cento di quel che viene pubblicato potrebbe benissimo non essere letto, se non per divertimento o evasione. Eppure, osservando la situazione da questo punto di vista, del divertimento o dell’evasione, nessuna pubblicazione è inutile, perchè la personalità e la soddisfazione di chi legge è qualcosa di estremamente esclusivo.
Fosse per me, per esempio, i romanzi gialli non avrebbero motivo di esistere, mentre so per certo che per qualcun altro rappresentano una tra le letture più apprezzate.
Il lettore, quindi, non si pone il problema del percorso che un romanzo ha seguito per giungere sul mercato. Lo scrittore invece sì, e poichè molto spesso non riesce a sviluppare questo percorso, per limiti personali e culturali o per scelte editoriali, ha spesso ripiegato verso quella che viene definita l’editoria a pagamento, fenomeno che senza ombra di dubbio si potrebbe definire una perversione nel mondo editoriale, giustificabile da parte dell’editore in questione solo come metodo legale, seppur discutibile, per ricevere un introito economico.
L’editoria a pagamento fa leva sulle frustazioni dello scrittore e non si pone nessuno degli obiettivi che invece si pone una casa editrice degna di questo nome: nemmeno l’obiettivo del rientro economico, consapevole aprioristicamente che non potrà vendere un numero di copie almeno sufficienti per un pareggio di bilancio.
Fino a oggi questo è stato comunque un fenomeno incontrastabile, proprio perchè si va a scontrare con le frustazioni di chi scrive, e sappiamo bene come le frustrazioni, così come le delusioni, trovino facile persuasione da un linguaggio adulativo, perchè l’editoria a pagamento un pregio in fondo riesce a perseguirlo: serve, infatti, per compensare, in un certo modo, l’ego dell’autore che desidera giungere alla pubblicazione del suo testo.
Adesso invece sembra che all’improvviso questa editoria a pagamento si sia ritrovata a scontrarsi contro quella che viene definita autopubblicazione e che, pur garantendo gli stessi scadenti parametri qualitativi e divulgativi dell’editoria a pagamento, ha avuto l’enorme pregio di abbattere i prezzi di pubblicazione. Il denaro che si viene a risparmiare non è comunque tolto dalle mani di un mercato sano e costruttivo, ma dalle mani di persone che pur rimanendo nella piena legalità inquinano un mercato già per suo conto molto labile.
Siamo in una fase di transizione, e di conseguenza siamo in una fase di completa confusione, ma questo è normale e per certi versi è una tappa obbligata dalla quale si é sempre costretti a passare in ogni situazione che determini dei cambiamenti. E’ naturale che in un simile momento fioriscano tante realtà senza alcuna regola e che tutti tentino di imporsi in un mercato nuovo. Il tempo, ovviamente, deciderà con la sua solita saggezza e discernerà tra ció che è bene è ció che è male, togliendo forza a tutte quelle voci di sapientoni che pensano di avere la soluzione in mano.
E ora immaginiamo cosa potrebbe accadere, o meglio quel che io vorrei che accadesse, con la speranza di dimostrarmi un buon oracolo.
Solo un’ultima piccola parentesi, fondamentale per il proseguimento del discorso.
Tutto ció che finisce nel codice binario è assolutamente piratabile. E’ stato così per la fotografia, per la musica, per il cinema e sarà così anche per la letteratura. Con una piccola differenza peró. Mentre il musicista e gli operatori del mondo cinematografico resisteranno economicamente a una simile pirateria, perchè qualora fossero veramente bravi potranno sempre contare sui concerti e sul riempimento delle sale cinematografiche (l’esperienza e la qualitá del cinema è infatti inimitabile: potró decidere di osservare sul computer il film che magari non sarei andato a vedere in ogni caso, ma non rinuncerei a osservare sul grande schermo il film che ritengo sia un capolavoro), lo scrittore che si dovesse trovare piratato il proprio romanzo non potrà contare su alcun altro fattore economico di guadagno, perchè il libro sul lettore digitale è perfettamente uguale, sia esso originale o copiato; nè tantomeno potrà contare come il musicista sugli incontri con il proprio pubblico (un incontro con un autore non potrebbe mai rendere economicamente quanto un concerto).
Ecco, quindi, dove io intravedo la vera rinascita della letteratura.
L’editore a pagamento è destinato a scomparire. Una estinzione naturale della quale nessuno, credo, rimpiangerà la mancanza. Per questa ragione non mi soffermerei più di tanto sulla sua figura. Resisterà ancora per un pó, soprattutto nei paesi meno aperti alle nuove tecnologie (è notizia di qualche settimana fa che negli Stati Uniti per la prima volta la vendita dei libri elettronici ha superato quella dei libri cartacei. Noi siamo molto lontani da questo dato, ma ci arriveremo), ma da quanto si evince è già un mercato in crisi.
L’autopubblicazione, al contrario, si espanderà fino ai limiti estremi, intasando il mercato che comunque avrà la possibilità di scegliere in conseguenza dell’estremo abbassamento dei prezzi.
In pratica, intendo dire che il rischio di leggere un romanzo magari scritto da un cane per cinquanta centesimi, è un rischio che il lettore colto puó correre, trovandosi dinnanzi alla possibilità di scoprire qualcosa di nuovo e affascinante o di leggere l’ennesima idiozia: ma comunque la sua curiosità verrebbe stimolata all’estremo. Il tempo, solo il tempo, darà la giusta dimensione a questo tipo di pubblicazione. I lettori si organizzaranno, sapranno selezionare, commentare, criticare. Otterranno una libertà degna della propria cultura. Sapranno sorridere sarcasticamente dinnanzi alla pubblicità che si ostinerà a propagandare un romanzo come fosse una confezione di assorbenti solo per aumentare le vendite. Pian piano troveranno spropositato il prezzo dei libri (siamo uno dei pochi paesi dove la differenza tra un libro cartaceo e un libro elettronico si aggira intorno agli ottanta centesimi per una prima edizione, anche se a onor del vero bisogna ammettere che la situazione sta progressivamente cambiando e la forbice si sta progressivamente allargando come è giusto che sia).
Rimarrà ovviamente il problema della qualità. Certamente un libro autopubblicato avrà molto spesso una pessima qualità editoriale, ma questo non é un problema per l’autopubblicazione: lo é al contrario e paradossalmente per la pubblicazione che giunge sul mercato attraverso una casa editrice. Perché, purtroppo, il livello editoriale attuale di gran parte delle pubblicazioni é veramente talmente basso e talmente raffazzonato da innalzare suo malgrado il livello qualitativo dell’autopubblicazione. Cosa dovrà fare a questo punto l’editore per contrastare un mercato selvaggio? Non potrà certamente abbassare i costi di pubblicazione (o meglio potrebbe anche farlo ma sarebbe autolesionismo), così dovrà certamente entrare in competizione sulla qualità, come avviene in ogni mercato libero. Praticamente dovrà dare la garanzia assoluta che il suo prodotto abbia quei valori aggiuntivi, in termini culturali editoriali e qualitativi, per i quali valga la pena che io fruitore del servizio investa il mio denaro.
In altre parole: se dovessi spendere venti euro per acquistare l’ennesima storia banale e ritrita e piena di luoghi comuni (e magari editata anche male) o spendere due euro per leggere un romanzo, scritto anch’esso maluccio perché non ha avuto la possibilità di un buon editing, ma che mi trasmette forti emozioni, per quale ragione dovrei scegliere il primo?
Il miglioramento dello standard qualitativo di una casa editrice, d’altro canto, stimolerà a sua volta l’autopubblicazione, che dovrà per forza uscire da questo momento caotico e organizzarsi. Le migliaia di pubblicazioni attuali diventeranno centinaia e saranno piú curate, magari nasceranno gruppi di lettori che si preoccuperanno, come investimento culturale e non economico, di perfezionare il romanzo in questione. La competizione porterà al punto che i due tipi di mercato si sosterranno a vicenda e svilupperanno percorsi nuovi e stimolanti. L’editore potrà investire sul romanzo originale ma di nicchia e l’autore potrà usare la sua autopubblicazione come biglietto di presentazione per l’editore.
Chi ci rimetterà infine?
E’ abbastanza chiaro che chi ci rimetterà piú di ogni altro sarà colui che “scrive come un cane“.
Non che sia costretto a continuare a scrivere o a smettere di scrivere, ma se fosse sua intenzione continuare a scrivere per guadagnare denaro si renderà conto che dovrà ridurre, e di molto, le sue pretese. Dovrà sapere che il suo romanzo si potrà piratare tranquillamente (come si pirata un film di pessima qualità che non merita il denaro speso per un biglietto cinematografico) e che probabilmente, a sua insaputa, il gusto letterario del lettore e la sua cultura saranno destinate a crescere progressivamente, perché il mercato si sarà trasformato e noi lettori ne trarremo tutti gli inevitabili benefici.
Sarà possibile che si avveri quanto ho detto finora?
Non lo so, benché lo speri; posso comunque riportare la mia esperienza personale, quindi qualcosa di concreto.
Nell’ultimo semestre ho speso circa dodici euro nell’acquisto di quindici romanzi autopubblicati. Il cinquanta per cento circa di quel che ho letto sembrava scritto da un cane, sfiorando addirittura in certi casi l’inverosimile. L’altro cinquanta per cento si é rivelato una lettura interessante, magari in alcuni casi un pó acerba, ma certamente é stata una esperienza positiva e a tratti emozionante.
Nello stesso tempo, per acquistare una quindicina di romanzi attraverso le case editrici (sempre in formato digitale) ho speso circa novanta euro, una differenza enorme, e soprattutto il cento per cento di quel che ho letto mi é sembrato scritto da un cane, magari un pó meglio dal punto di vista grammaticale (appena un pó comunque, perché nonostante tutto certi errori erano veramente da brivido) ma senza che la lettura mi abbia trasmesso commozione o quel minimo di passione.
Probabilmente, con i novanta euro che ho speso per acquistare quei romanzi avrei avuto piú soddisfazioni se avessi adottato direttamente il cucciolo di un cane.


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