Non sarà facile per il ministro del tesoro Giulio Tremonti presentarsi in pubblico da qui in avanti, dopo che ha presentato una manovra finanziaria che è riuscita a scontentare tutti (tranne gli appartenenti alla cosiddetta casta dei politici, uscita indenne dai tagli), come ha oggi sperimentato all'incontro con la Coldiretti.
Qualcuno potrebbe facilmente dire che una manovra che scontenta tutti potrebbe essere in fondo una buona manovra, che colpisce in egual misura tutte le categorie, ma non è così: la manovra di Tremonti è solo talmente mal fatta che ha suscitato l'ira dei tanti che avevano creduto che questo governo avrebbe finalmente posto in essere le riforme per riformare uno Stato ormai sclerotico, inefficiente e costoso.
Per conoscere com'è l'atmosfera basta leggere i commenti dei agli articoli sulla manovra pubblicati su Il Giornale.
Il cosiddetto giornale di famiglia non mette il bavaglio ai sui giornalisti e non esita a diffondere articoli pesantemente critici sull'operato di Tremonti, insieme ad altri più comprensivi, che raccolgono il consenso di numerosi elettori del centrodestra (o forse ex elettori) che esprimono tutta la loro delusione e la loro rabbia per l'inaspettata mazzata fiscale.
In particolare la rivolta è diretta contro l'aumento del bollo sui depositi titoli, che sono stati quadruplicati e applicati a tutti i depositi, di qualsiasi importo con degli effetti perversi.
Basti pensare che i 150 euro previsti per i depositi fino a 50mila euro, renderanno inutile investire in bot somme intorno ai 10mila euro, perché l'interesse guadagnato non sarebbe sufficiente a ripagare l'insieme delle spese, mentre i 380 euro previsti per i depositi superiori ai 50mila euro sarà invece facilmente assorbita da quanti hanno sul deposito titoli per milioni di euro.
In pratica Tremonti ha realizzato una vera e propria tassa patrimoniale, da sempre auspicata dalle sinistre, ma solo sui patrimoni medio bassi.
L'unica previsione che a questo punto si possa fare è che inizierà una vera e propria fuga dei piccoli risparmiatori dai bot, dalle obbligazioni e, soprattutto, dal mercato azionario, provocando il definitivo affossamento del mercato finanziario italiano, già periferico e poco importante, a vantaggio di quelli stranieri (da tempo è possibile investire all'estero e servirsi di Sim con sede all'estero).
Oggi abbiamo avuto la prima dimostrazione di come andranno le cose, se non si prenderanno dei correttivi adeguati.
In una giornata che era nata sotto buoni auspici, iniziata con la promozione dell'agenzia di rating Moody's delle banche italiane, tutte promosse agli stress test realizzati dall'agenzia americana, e dalle dichiarazioni del commissario Ue Barroso, che criticava le stesse agenzie di rating per i loro giudizi imprecisi e inopportuni, e quella del governatore della Bce Trichet sul debito pubblico italiano, considerato solido, la borsa italiana prendeva invece da subito la via della discesa, trascinata proprio dalle vendite sulle banche appena promosse e neanche la buona intonazione degli indici americani, che di solito influenzano nel bene e ne male la nostra piccola borsa, hanno avuto l'effetto di arginare le perdite.
Facile a questo punto capire che le banche italiane non sono state affossate perché mancano di requisti patrimoniali, come tutte le verifiche hanno dimostrato, ma perché su di loro grava il cosiddetto "rischio paese" e questo perché gli operatori internazionali hanno giudicato la manovra finanziaria di Tremonti inefficace, inidonea ad evitare un possibile default dell'Italia, come l'aumento dello spread, la differenza del rendimento, tra i bund tedeschi e i btp italiani ha subito dimostrato (i titoli di stato italiani devono pagare un interesse maggiore per trovare acquirenti).
Del resto non è difficile arguire che una manovra che va a colpire il risparmio e i redditi privati, con l'inevitabile ristagno dei consumi conseguente, e lascia inalterata la spesa pubblica in tutti i suoi sprechi, inefficienze e ridondanze, non può risanare un bel niente, come uno dei ministri dello stesso governo, Giancarlo Galan, non ha difficoltà ad ammettere.
Un Giulio Tremonti che esce dunque bocciato dall'esame sulla manovra finanziaria correttiva, che non corregge un bel niente, da tutti: dall'opinione pubblica, da molti esponenti del suo stesso partito e dai mercati finanziari.
Ci sarebbe di che dimettersi all'istante, ma come si sa quello delle dimissioni non è un istituto particolarmente praticato nel nostro paese, oppure attendersi per il ministro del tesoro un destino alla Giuliano Amanto, che dopo il famoso prelievo forzoso notturno dai conti correnti degli italiani nel 1992 ha visto declinare la sua carriera politica e doversi arrabbattare tra poltrone di terza fila, mantenendo tutti i suoi vitalizi e tutti i suoi benefit, ca va sans dire.
E dire che in fondo Amato su 50mila euro tolse agli italiani solo 300 euro una tantum, mentre Tremonti gliene toglierà 380 tutti gli anni.
Nessuna dichiarazione sul merito della manovra pare essere pervenuta dal presidente del consiglio, evidentemente troppo impegnato a rimuginare sulla cassazione del "lodo mondadori" e sul come poterlo ripresentare il parlamento.
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