In Inghilterra la lobby omosessualista si è inventata un altra forma di presunta discriminazione che subirebbero i propri adepti, ovvero la stessa parola “omosessuale”. Lo ha stabilito Gary Nunn sul quotidianoThe Guardian, lanciando la campagna: “Basta con la parola “omosessuale”, è offensiva e discriminatoria”.
In Messico invece, dove la lobby ha minore presa, il vicepresidente della difesa dei Diritti umani dell’ufficio del Procuratore Generale della Repubblica del Messico, ha giustamente dichiarato che il tentativo di legalizzare il “matrimonio” tra persone dello stesso sesso non ha nulla a che vedere con i diritti umani. Juan de Dios Castro Lozano, che è anche consigliere giuridico della Presidenza della Repubblica, ha commentato questo durante una conferenza a Puebla il 16 novembre scorso discutendo sulla costituzione messicana. Ha sottolineato che le unioni civili per le coppie dello stesso sesso potrebbero ottenere un riconoscimento limitato, ma non quello del matrimonio. Castro Lozano ha anche espresso forte opposizione all’adozione da parte di coppie omosessuali: «L’adozione non è solo un diritto che appartiene agli adulti, ma anche ai bambini», ha detto spostando giustamente l’attenzione al diritto dei bambini di crescere con un padre e una madre.
Quella messicana (capitale a parte) è la stessa posizione assunta anche dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo nel giugno 2010, quando ha stabilito che il matrimonio tra omosessuali non è un diritto. O meglio, negarlo non significare negare un diritto, né tantomeno una violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. E’ stata data quindi ragione all’Austria, cui le autorità avevano rifiutato ripetutamente il permesso a contrarre matrimonio a due cittadini.
I ricorrenti sostenevano che era stato violato il loro diritto a sposarsi, come sancito dall’articolo 12 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, e affermavano di considerarsi discriminati nel loro diritto a creare una famiglia. Il caso è arrivato fino a Strasburgo ma la sentenza conclusiva ha ribadito che gli Stati non sono obbligati, in base alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, ad assicurare l’accesso al matrimonio alle coppie dello stesso sesso. I giudici della Corte europea hanno fatto inoltre osservare che in Europa non esiste un consenso al riguardo e che spetta alle autorità nazionali valutare in merito. La Corte ha anche stabilito che lo Stato che introduca tali misure non è tenuto a garantire con queste gli stessi diritti riconosciuti alle coppie eterosessuali.
Inoltre oggi, su 200 stati nel mondo solo in 11 è possibile contrarre un matrimonio omosessuale. In Europa solo in 7 stati su 45.