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Anche le intolleranze fanno ingrassare

Creato il 20 agosto 2013 da Zynefertari

allergieSe ti senti gonfia o aumenti di peso pur mangiando in modo sano ed equilibrato, potrebbe essere “colpa” di un’intolleranza alimentare: come scoprirlo, cosa fare per rimediare.

 

Che cosa sono le intolleranze alimentari  
Sei stata attenta, non hai sgarrato, hai dato alla tua alimentazione la giusta attenzione; eppure, qualcosa non funziona, visto che non perdi peso (anzi, stai ingrassando!) e soprattutto senti la pancia costantemente gonfia e tirata. Come può accadere? La spiegazione potrebbe essere questa: sei vittima di un’ intolleranza alimentare

Se non ne avete mai sentito parlare, le intolleranze alimentari sono reazioni “abnormi” che il nostro apparato digerente mette in campo quando determinati cibi lo sovraccaricano.

La loro insorgenza dipende anzitutto dall’intestino, dove avvengono i processi di assorbimento delle sostanze utili e di eliminazione di quelle di scarto. Se durante questo processo avvertiamo gonfiore, pesantezza, sonnolenza, mal di testa o segnali ancor più importanti (come ad esempio la nausea), significa che il tubo digerente fa fatica ad assimilare i cibi ingeriti, ovvero li mal tollera (da qui il nome intolleranze).

Il nostro apparato intestinale ci sta in qualche modo “avvertendo” che siamo in una situazione di sovraccarico e di intossicazione: urge quindi la necessità

Le intolleranze alimentari sono suddivisibili in quattro grandi categorie: 

1- Intolleranze chimiche, dovute alla presenza di particolari sostanze presenti naturalmente negli alimenti o aggiunte artificialmente (come gli additivi).

2- Intolleranze enzimatiche, dovute alla mancanza o alla diminuzione di un determinato enzima necessario a metabolizzare un gruppo di alimenti.

3- Intolleranze autoimmuni, dovute ad una reazione tanto avversa ad un alimento da provocare un’alterazione e un’infiammazione della mucosa intestinale.

4- Intolleranze da sovraccarico, dovute ad uno stile alimentare sregolato o al fatto di introdurre sempre gli stessi alimenti che rallentano la digestione e il metabolismo. Quest’ultima è la più diffusa ma anche la più semplice da “gestire”.

I segnali da non sottovalutare, i cibi “a rischio” 
Le avvisaglie più frequenti della presenza di intolleranza sono:

  • sovrappeso,
  • obesità,
  • difficoltà digestive,
  • acidità di stomaco,
  • colon irritabile,
  • colite,
  • meteorismo,
  • gonfiori addominali.

 

Secondariamente possiamo riscontrare

  • cefalea,
  • emicrania,
  • acne,
  • eczemi,
  • afte,
  • gengiviti e
  • infiammazioni della mucosa del cavo orale,
  • orticaria e
  • impurità della pelle.

Possono essere legati alle intolleranze alimentari persino

  • reumatismi,
  • dolori articolari cronici,
  • grande affaticabilità,
  • repentini sbalzi d’umore.

Gli alimenti implicati sono solitamente quelli che contengono lieviti, glutine e lattosio.

L’importanza dei test sulle intolleranze 
La strada maestra per identificare la presenza di un’ intolleranza alimentare è prestare la giusta attenzione al nostro corpo e ai segnali che abbiamo elencato poco sopra. 

Detto questo, alcuni test funzionali sono strumenti molto validi per identificare di quale intolleranza stiamo soffrendo. Esistono diversi tipi di test, per esempio i test cutanei, i test sul sangue e i test alimentari (ovvero la preparazione di diete “ad hoc” accompagnata allo studio delle reazioni del paziente).

Per effettuare un test per le intolleranze, ci si può rivolgere al medico o direttamente a molti dietologi, nutrizionisti, naturopati che  sono oggi in grado di individuare (anche attraverso strumentazioni specifiche) l’origine e la natura del problema.

Esistono anche alcune specie di test “fai da te” reperibili in farmacia, che però spesso sono specifici solo per alcuni tipi di intolleranze e che non spiegano poi come affrontare il problema.

Al giorno d’oggi, è possibile trovare test sulle intolleranze anche in rete: per esempio alcuni siti sono arrivati a proporre offerte nel campo della salute, comprendenti consulenze presso nutrizionisti.

C’è chi ha sollevato qualche dubbio sull’affidabilità di questo tipo di servizi, ma c’è anche chi non ci vede nulla di male, dato che si tratta di visite presso specialisti iscritti regolarmente all’albo.

Sempre sul web, circolano anche un ampio numero di “test” (consistenti in semplici domande relative alle abitudini alimentari e alla presenza di alcuni sintomi) che ovviamente non possono essere sufficienti per valutare l’esistenza o meno di un’intolleranza, ma al massimo “consigliare” se effettuare un test vero e proprio.

Come risolvere il problema 
Una volta individuato il “tipo” di sovraccarico, si dovrà ricorrere ad un’alimentazione desensibilizzante affiancata a trattamenti naturali depurativi, per un periodo minimo di 4-6 settimane.

Agendo in questo modo faciliteremo il lavoro dell’intestino e potremo poi, con gradualità, reintrodurre gli alimenti incriminati mantenendoli però sotto la nostra soglia di tolleranza.

Questo metodo viene chiamato “dieta di esclusione”, la quale permette all’organismo di disintossicarsi dall’alimento non più tollerato. Importante è comunque rivolgersi ad uno specialista anche una volta individuato il problema, dato che questo tipo di dieta deve essere comunque equilibrata e non deve mancare delle sostanze nutritive fondamentali.

FONTE: Riza


Archiviato in:alimenti, dieta Tagged: alimentazione, dieta, mucosa intestinale


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