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Alimentazione e nichel

Da Gftl
Alimentazione e nichel- Gluten Free Travel & LivingAlimentazione e nichel- Gluten Free Travel & Living                           Foto: http://www.nanopress.it/

Abbiamo già affrontato la questione del nichel, ovvero della sensibilità e dell’allergia a tale elemento. Non resta che capire meglio nello specifico cosa una persona affetta da allergia al nichel possa mangiare, dal momento che il nichel è un metallo ubiquitario, cioè presente ovunque.

E’ necessario fare delle precisazioni. In letteratura non esiste un vero elenco di cibi consentiti e non; si passa infatti da elenchi brevi ad elenchi che includono tantissimi altri cibi, inclusi nell’ultimo trentennio. Perchè? Perchè il nichel è ubiquitario nell’ambiente, ma anche in moltissimi processi produttivi. Inoltre, va sottolineato che i cibi spesso non presentano un valore unico di concentrazione di nichel, ma un range di concentrazione, in quanto il contenuto dipende dal tipo di suolo, dalle acque di irrigazione, dall’impatto antropico, ecc. Perciò, autori diversi stabiliscono range di concentrazione diversi; in alcuni studi si osservano anche discrepanze, poichè alcuni alimenti, nonostante il basso range di concentrazione, sono considerati a rischio da alcuni autori e non da altri.

La concentrazione del nichel può essere misurata o in mg/kg (ppm) o in mg/l o addirittura in ug/l (microgrammi/litro, ovvero ppb).

Così, si passa dal range di concentrazione del suolo, 5-500 ppm, a quello delle piante, che varia da 0,5 ppm a 20 ppm, a quello degli animali, da 0,1 ppm a 5 ppm, fino ad arrivare al range di concentrazione delle acque dolci (laghi, fiumi, acque di falda), compreso tra 5 ppb e 100 ppb. Le acque dolci hanno un contenuto molto più basso rispetto al suolo e al cibpp. Inoltre, l’acqua potabile, per legge, deve avere un contenuto di nichel non superiore ai 10 ppb; altrimenti non può essere considerata potabile. Il latte vaccino, ad esempio, ha un contenuto medio di nichel di 30 ppb, quindi 3 volte superiore rispetto all’acqua potabile.

Arachidi, fagioli, lenticchie, spinaci, piselli e soia, e inoltre avena, cacao (e cioccolato), noci e nocciole, frumento intero, molluschi, bibite in lattina, 

sono i cibi che tutti gli elenchi includono.

Gli alimenti di origine vegetale contengono livelli di nichel maggiori rispetto a quelli di origine animale; alcune piante sono infatti definiti iperaccumulatrici, ma va sottolineato che anche alcuni alimenti di origine animale, soprattutto il pesce e i frutti di mare presentano un contenuto di nichel più elevato rispetto ad altri alimenti di origine animale.

La differenza tra alimenti vegetali e animali è perché il nichel è altamente presente nel suolo,  dal quale i vegetali prendono nutrimento ed è proprio a causa di ciò che a volte esistono differenze sostanziali, a parità di alimenti, nel contenuto di nichel, differenze dovute al terreno, ma anche al periodo dell’anno, al clima, all’acqua e ai luoghi di coltivazione.

Altra questione importante è la quantità media di nichel assunta attraverso l’alimentazione dall’uomo, che varia da paese a paese ed è in relazione diretta con lo stile di vita e la dieta. Infatti, va sottolineato che il fumo influisce sulla quantità media di nichel assunta. Alcuni studi includono anche l’acqua potabile e le stoviglie usate. Però, come già detto poc’anzi, il contenuto di nichel nelle acque potabili è notevolmente più basso rispetto a quello degli alimenti; anche pensando all’eventuale apporto delle tubazioni, è difficile che l’acqua potabile possa essere una fonte comparabile di nichel rispetto agli altri alimenti. Per ovviare a questo, se si vuole consumare l’acqua del sindaco, come per altri metalli e per il cloro, è bene farla scorrere per qualche minuto prima di metterla in una caraffa e berla. Solitamente l’assunzione quotidiana di nichel ci viene dal consumo di vegetali al 50% (cereali e legumi) e il resto da frutta, latticini e altri alimenti di origine animale.

Discorso a parte meritano le stoviglie ma anche le lattine, spesso indicate come fonte di nichel. Va detto che le pentole di acciaio inox contengono nichel, ma sono considerate inerti, cioè il rilascio di nichel da esse è trascurabile, ovviamente se e solo se sono ben tenute, ovvero non graffiate, e se in esse non vengono cucinati, ma soprattutto conservati, alimenti acidi, come ad esempio i sughi di pomodoro. Non essendo le pentole in generale contenitori per la conservazione, è necessario quindi riporre il cibo in appositi contenitori e particolare attenzione va posta nella scelta del contenitore di conservazione, se si hanno problemi con il nichel. Va anche detto che molte lattine hanno la superficie smaltata, ma contengono spesso proprio quegli alimenti che hanno un tenore di nichel elevato – questo accade anche per i pesci. In caso di sensibilità al nichel è quindi ottimale privilegiare cibi conservati in vetro o in tetrapack, ad esempio.

Attenzione anche all’assunzione di integratori alimentari contenenti nichel.

Del nichel ingerito ne viene assorbito tra l’1% e il 10% e l’assorbimento viene ridotto dall’ingestione simultanea di vitamina C e di ferro. Una volta assorbito il nichel entra nel circolo sanguigno, trasportato dalla siero albumina, e non si accumula in nessun organo in particolare, contrariamente a quanto accade per altri metalli o sostanze; solo la tiroide e le surrenali ne presentano tracce un po’ più alte. Gran parte di questo nichel assimilato viene espulso tramite la sudorazione e  le vie biliare e renale.

E’ necessario assumere dai 25 ai 35 microgrammi di nichel al giorno per l’ottimale funzionamento del metabolismo, sebbene il ruolo del nichel non sia del tutto chiaro. Però si può essere fortemente sensibili al nichel, addirittura allergici, con manifestazioni prevalentemente cutanee (dermatiti, orticaria, eczema etc.). Possono però esistere anche delle manifestazioni extra cutanee, al livello gastrointestinale (diarrea, gonfiori, pirosi, stipsi, tensione addominale) ma anche asma e rinite allergica.

Il test di esposizione o provocazione, assieme ai patch tests, sono gli unici in grado di stabilire l’allergia al nichel. In particolare il primo è in grado di diagnosticare la SNAS; in seguito ad eliminazione del cibo/i incriminato/i si procede con la somministrazione controllata e sotto stretto controllo medico anche per garantire la rigorosa esecuzione del test.

L’unico  trattamento è quindi la RIDUZIONE dell’assunzione di nichel tramite l’esposizione e tramite l’alimentazione. Essendo ubiquitario, è impossibile non ingerire il nichel, che è comunque necessario per il nostro metabolismo. Certamente, la quantità può essere controllata tramite la dieta di esclusione, dieta che può durare almeno un mese o più, finché le condizioni di disagio fisico non vengono tenute sotto controllo o non ci sia una totale remissione dei sintomi.

Ma allora quali sono gli alimenti consentiti?

Ad esempio i cavoli, i cetrioli, le uova, ma anche il latte ed i suoi derivati, perchè la concentrazione media è dell’ordine dei ppb e non dei ppm. Possono essere consumate le carni rosse e bianche e anche alcuni pesci “bianchi”, poichè i pesci, i crostacei ed i molluschi possono avere un elevato tenore di nichel. Possono essere consumati mele e agrumi, finocchi, zucca, zucchine, carciofi, rucola, radicchio. Vanno esclusi tutti i cereali integrali, è ottimale consumarli nella loro forma raffinata.

E’ comunque sempre necessario concordare la dieta con lo specialista, soprattutto per chi non solo è allergico al nichel, ma presenta altre intolleranze alimentari o è celiaco o gluten sensitive.

Bibliografia: 

http://www.siaip.it/upload/pizzutelli-allergia%20sistemica%20al%20nickel%20e%20dieta-2010.pdf

Dispense personali sui metalli, bioaccumulo e tossicità di Fabiana Corami Fabipasticcio

Sharma A. D., IJDVL 2007, vol. 73.

Cempel M, PJES 2005, vol.15


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